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Foujita - La recensione dal Tokyo Film Festival

Rimangono 'sulla tela' le buone intenzioni del regista giapponese, evidentemente troppo innamorato del suo soggetto

27.10.2015 - Autore: Mattia Pasquini (nexta), da Tokyo
Nell'anno dei tre film giapponesi in concorso, il Tokyo International Film Festival si scopre meno glamour che in passato, ma con la capacità di attrarre interesse e presentare un programma vario e articolato, capace di spaziare dalla commedia al commerciale, dall'immancabile horror al biopic pretenzioso. Categoria nella quale rientra sicuramente il Foujita di Kohei Oguri, che dopo averne inseguito il progetto per circa dieci anni, finalmente ci presenta quello che è il suo primo film realizzato in parte fuori dai confini patri.

Impossibile, d'altronde, non approfittare della Ville Lumiere per raccontare la figura di un artista come Léonard Tsuguharu Foujita, pittore nipponico naturalizzato francese attivo tra gli anni '20 e '50 e appartenente alla Scuola di Parigi? Una storia interessante, di un personaggio dalle mille influenze e derive, capace di integrare sulla tela tradizioni tanto lontane quanto le nazioni che lo hanno cresciuto.



Purtroppo è proprio il personaggio a venire meno, nella visione del film. Nascosto da troppi virtuosismi - registici, autoriali e attoriali - che rubano la scena alla vera essenza del soggetto principale. Del quale si intuisce la grandezza più 'per dovere', nella sua rottura artistica, di certo meno appariscente della rivoluzionaria e folle 'Età di Montparnasse' e della conclusione più 'restauratrice'.

Oguri (Grand Prix a Cannes nel 1990 per L'aculeo della morte e nominato all'Oscar come miglior film straniero per Il fiume di fango del 1981) si dedica a tableau a rischio ridicolo per il voler rappresentare l'eccesso di quegli anni, passando da cliché d'epoca a una conclusione fin troppo conciliatoria e narrativa. Uno stacco netto - e forse frettoloso - rispetto a un film fin troppo estetizzato, in costante oscillazione tra l'essere artefatto o ingenuo. E che non sembra in grado di assolvere alla missione prefissasi dallo stesso Foujita, di "essere ricordato".


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