Estate, stagione rovente per produzioni burrascose. Abbiamo appena visto La mia vita con John F. Donovan, il film “maledetto” di Xavier Dolan. E adesso arriva Domino, ormai abbandonato anche dal suo regista.
Brian De Palma lo ha disconosciuto, definendolo “un’esperienza orribile”. Problemi di budget, tagli selvaggi in fase di montaggio (più di mezz’ora), ritardi nel pagare la troupe. Domino era già segnato prima ancora di vedere la luce, non poteva che essere un disastro: l’unica soluzione è cercare lo sguardo di De Palma tra le macerie. Ma qui neanche i suoi virtuosismi convinceranno i fan più accaniti. Per intenderci: Mission To Mars sembra un capolavoro vicino a Domino.
Ancora una volta De Palma prova a lavorare sulle “immagini figlie di altre immagini”: telecamere (come in Redacted), computer (Passion), addirittura droni (Omicidio in diretta). Nel suo cinema è fondamentale lo scrutare. A un certo punto un terrorista prende un binocolo e osserva da lontano l’operato del suo complice, e si torna a Omicidio a luci rosse, a Vestito per uccidere.
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Lo stile dilatato qui si riduce in un guazzabuglio di soli ottantanove minuti. Siamo in Danimarca, i protagonisti sono due poliziotti inseparabili. Il più anziano viene ucciso, il giovane cerca vendetta. Storia di estremisti, massacri, esecuzioni e spionaggio. Rimandi a Hitchcock, ma meno brillanti del solito. Un inseguimento sul tetto ammicca a La donna che visse due volte, anche se in questo caso l’omaggio sembra quasi una parodia, soprattutto nella vena splatter.
Lo spirito di De Palma si scatena durante l’attentato sul tappeto rosso. Il mandante segue l’azione dal pc, da casa sua. Sul monitor vediamo il volto quasi spaventato dell’attentatrice, mentre una videocamera posizionata sul fucile d’assalto riprende la mattanza. Il tutto finisce in rete. Ancora Redacted, lo split screen, le inquadrature da videogioco. Anche nei suoi film minori, De Palma non smette di lavorare sul linguaggio. E in qualche modo qui sancisce la morte della cinefilia, della passione, di ogni riflessione che riguarda l’arte.
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Non ha potuto dar vita al suo intrigo internazionale, così scarica la frustrazione nella macchina da presa. E non risparmia una critica alla CIA: “Noi siamo americani, leggiamo le vostre mail”. Nessuna privacy, tutto viene riversato nel web. La follia trova il suo palcoscenico su YouTube, dove migliaia di utenti possono assistere alle carneficine, ai comizi, alla propaganda che si fa spettacolo.
Domino è un film distrutto dall’industria. Nato sotto una cattiva stella, non vedremo mai l’originale. A tratti si riconosce lo spirito dell’ex ragazzaccio di Hollywood, la sequenza ambientata durante la corrida ad Almeria avrebbe potuto raggiungere le vette di Omicidio in diretta. L’arena al posto del ring, la violenza che scaturisce dagli spalti, il palazzetto come una prigione. Ma purtroppo il Domino che vorremmo vedere resta un’utopia. Forse in questa versione non sarebbe neanche dovuto uscire nelle sale.
Domino uscirà nelle sale l'11luglio distribuito da Eagle Pictures.
Brian De Palma lo ha disconosciuto, definendolo “un’esperienza orribile”. Problemi di budget, tagli selvaggi in fase di montaggio (più di mezz’ora), ritardi nel pagare la troupe. Domino era già segnato prima ancora di vedere la luce, non poteva che essere un disastro: l’unica soluzione è cercare lo sguardo di De Palma tra le macerie. Ma qui neanche i suoi virtuosismi convinceranno i fan più accaniti. Per intenderci: Mission To Mars sembra un capolavoro vicino a Domino.
Ancora una volta De Palma prova a lavorare sulle “immagini figlie di altre immagini”: telecamere (come in Redacted), computer (Passion), addirittura droni (Omicidio in diretta). Nel suo cinema è fondamentale lo scrutare. A un certo punto un terrorista prende un binocolo e osserva da lontano l’operato del suo complice, e si torna a Omicidio a luci rosse, a Vestito per uccidere.
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Lo stile dilatato qui si riduce in un guazzabuglio di soli ottantanove minuti. Siamo in Danimarca, i protagonisti sono due poliziotti inseparabili. Il più anziano viene ucciso, il giovane cerca vendetta. Storia di estremisti, massacri, esecuzioni e spionaggio. Rimandi a Hitchcock, ma meno brillanti del solito. Un inseguimento sul tetto ammicca a La donna che visse due volte, anche se in questo caso l’omaggio sembra quasi una parodia, soprattutto nella vena splatter.
Lo spirito di De Palma si scatena durante l’attentato sul tappeto rosso. Il mandante segue l’azione dal pc, da casa sua. Sul monitor vediamo il volto quasi spaventato dell’attentatrice, mentre una videocamera posizionata sul fucile d’assalto riprende la mattanza. Il tutto finisce in rete. Ancora Redacted, lo split screen, le inquadrature da videogioco. Anche nei suoi film minori, De Palma non smette di lavorare sul linguaggio. E in qualche modo qui sancisce la morte della cinefilia, della passione, di ogni riflessione che riguarda l’arte.
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Non ha potuto dar vita al suo intrigo internazionale, così scarica la frustrazione nella macchina da presa. E non risparmia una critica alla CIA: “Noi siamo americani, leggiamo le vostre mail”. Nessuna privacy, tutto viene riversato nel web. La follia trova il suo palcoscenico su YouTube, dove migliaia di utenti possono assistere alle carneficine, ai comizi, alla propaganda che si fa spettacolo.
Domino è un film distrutto dall’industria. Nato sotto una cattiva stella, non vedremo mai l’originale. A tratti si riconosce lo spirito dell’ex ragazzaccio di Hollywood, la sequenza ambientata durante la corrida ad Almeria avrebbe potuto raggiungere le vette di Omicidio in diretta. L’arena al posto del ring, la violenza che scaturisce dagli spalti, il palazzetto come una prigione. Ma purtroppo il Domino che vorremmo vedere resta un’utopia. Forse in questa versione non sarebbe neanche dovuto uscire nelle sale.
Domino uscirà nelle sale l'11luglio distribuito da Eagle Pictures.