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Diamanti grezzi - Uncut Gems, la recensione dell'atteso film Netflix con Adam Sandler

Una prova d'attore notevole per Adam Sandler, nel nuovo film dei talentuosi registi di Good Time

Diamanti grezzi

30.01.2020 - Autore: Marco Triolo
La vita è tutto un gioco all'accumulo della tensione, della pressione, che poi infine esplode per generare cose bellissime o terribili. Sembrano voler dire questo i registi Benny e Josh Safdie, che tornano dopo l'ottimo Good Time con un film stilisticamente e narrativamente molto simile – una corsa contro il tempo caotica per le strade di New York – retto dalla magnetica performance di un Adam Sandler in gran forma.
 
Diamanti grezzi, in arrivo il 31 gennaio su Netflix, è l'odissea di Howard Ratner, proprietario di un negozio di gioielli con i creditori alle calcagna e un istinto per le scommesse che sfora nell'autodistruttivo. Quando un prezioso opale nero gli viene recapitato, sembra che per lui finalmente sia arrivato il colpo grosso che gli permetterà di riscattarsi. Ma una serie di eventi imprevisti lo porterà a dover dare la caccia a quella pietra, evitando contemporaneamente gli scagnozzi di suo cognato, uno strozzino che pretende di riavere il suo denaro.

 
Lo stile dei Safdie non è di quelli che ti culla in una narrazione limpida e comprensibile. Ti bombarda di informazioni, parole, rumori di fondo. I dialoghi tendono al realismo, si intersecano e sovrappongono e, a volte, è difficile stare dietro a tutto ciò che accade. Questo per lo meno nell'atto iniziale, perché poi, quando il ritmo diventa incalzante, il film diventa più lineare e si avvia verso un crescendo esaltante e devastante allo stesso tempo.
 
Il padre dei registi lavorava nel Diamond District di Manhattan. Ma, a parte i presupposti personali che hanno spinto i Safdie a scrivere il film, per il resto Diamanti grezzi assume da subito la portata di una parabola universale. Non è tanto un film sull'avidità, come si potrebbe pensare dato il contesto, quanto sull'innato bisogno degli esseri umani di trovare una sfida adeguata che dia loro la forza di proseguire. A volte questo istinto può portare all'eccesso, come nel caso di Howard Ratner.

 
Diamanti grezzi è dunque anche un film sulla dipendenza dal gioco: Howard non smette mai di scommettere, anche quando vince. Anzi, una vittoria per lui è solo un risultato su cui investire ulteriormente, alla ricerca costante dell'adrenalina che deriva dalla consapevolezza di aver battuto le probabilità.
 
Torniamo così al titolo: Diamanti grezzi. Non è precisissimo, perché la pietra attorno a cui ruota il film non è un diamante, ma un opale nero. L'originale è in effetti il più generico Uncut Gems. Ma rende comunque l'idea della metafora che sottende l'intero film: ci sono riferimenti costanti alla pressione, al punto di rottura. I diamanti si formano in seguito a milioni di anni di altissima pressione, che infine generano qualcosa di bellissimo. Ma il punto di rottura, il momento in cui la tensione esplode, può portare anche a risultati terribili. Eppure l'esaltazione che si prova nell'attesa, quando ancora i giochi non sono fatti e tutto è possibile, il bene e il male, la vittoria e la sconfitta, è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.


 
In mezzo a tutto questo, Adam Sandler si muove con l'abilità del consumato showman, anche perché il suo personaggio, un commerciante dalla parlantina che ti stordisce e conquista, lo richiede. È un personaggio dalle mille sfumature – come un opale! – pieno di difetti, che fa scelte difficilmente condivisibili, che non riesce a smettere di sbagliare. Eppure è anche imprevedibilmente generoso, ha una strana fiducia verso il prossimo e affetto verso i suoi cari. E i Safdie gli stanno talmente incollati da farci entrare nella sua testa fino a capirlo, e nel finale è impossibile non parteggiare per lui e festeggiare con lui.
 
Non c'è crescita, non c'è lezione da imparare: solo lo studio onesto e profondo di un essere umano. E questo vale più di mille morali.