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Crowe e Bale uno contro l'altro

Quando Hollywood funziona al meglio: arriva nelle sale "Quel treno per Yuma", remake di una delle colonne portanti del genere western.

3:10 To Yuma

24.10.2007 - Autore: Pierpaolo Festa
Ecco un perfetto esempio di cinema hollywoodiano che fa del suo meglio.
Quel treno per Yuma” è un remake di un classico del western targato 1957; allo stesso tempo si tratta di un film splendidamente confezionato, che offre un’interpretazione da manuale da parte di Russell Crowe e Christian Bale. Il  film di James Mangold (che ha già diretto “Walk the Line”) è di ben trenta minuti più lungo rispetto alla pellicola originale.

La storia rimane invariata: il contadino Dan Evans (Bale nel ruolo che fu di Van Heflin) è un uomo che affoga nei debiti e la cui fattoria sta per essere venduta. Un giorno, dietro una ricompensa di 200 dollari, si offrirà volontario per scortare il criminale Ben Wade (Crowe che subentra a Glenn Ford) al treno delle 3.10 per Yuma, dove lo attenderà il tribunale.
Nella strada verso la stazione il cammino dei due sarà ostacolato dagli spietati uomini di Wade che vorranno indietro il loro capo.

Da una parte ecco un Russell Crowe, mai stato così oscuro: il suo Ben Wade è il cattivo, la parte più interessante della storia a cui sono concesse tutte le battute migliori. Si tratta di un uomo il cui animo è composto da un lato animalesco e l’altro pieno di onore.
Nel ricreare il personaggio, gli sceneggiatori introducono anche qualche originale novità: il nuovo Wade ha la passione per il disegno e conosce a memoria alcuni passaggi della bibbia. Un persona astuta e intelligente, ma anche spietata e capace di uccidere perfino con una forchetta.
Se la prova di Crowe è la conferma del suo talento di attore, allora sottolineiamo il lavoro straordinario fatto da Christian Bale. Ancora una volta l’attore gallese dimostra di essere nato per fare questo lavoro: il suo Dan Evans è una persona in fondo al tunnel del fallimento, la cui moglie è infelice e i cui figli non vedono in lui una forte figura paterna.

Il cuore del primo film era il dialogo tra i due nella stanza d’albergo che aveva luogo qualche ora prima dell’arrivo del treno; Mangold, invece, sfrutta al massimo le potenzialità della scenografia e anche i riferimenti storici, parlando di indiani, di miniere e portando in scena anche la dinamite.
Il regista dimostra di essere a suo agio nel genere western, creando un buon incontro tra ritmo del passato e spettacolarità del presente: i suoi personaggi non saranno le figurine mitiche e imponenti del western classico, ma la loro recitazione mista all’azione fanno del nuovo “Yuma” un ottimo prodotto. Nota di merito per la mitica sparatoria finale che riserba anche momenti di succulento dialogo tra i due personaggi.
Per una volta un remake cambia coraggiosamente il finale dell’originale, una scelta che non deluderà.

Probabilmente “Quel treno per Yuma” non riuscirà a rilanciare il genere western, ma potrebbe comunque passare alla storia come uno dei rari esempi di rifacimento che vale il prezzo del biglietto.