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Come Harry divenne un albero

Come Harry divenne un albero

Festival Venezia

14.04.2003 - Autore: Ludovica Rampoldi
Regia di Goran Paskaljevic Con Colm Meaney, Adrian Dunbar, Cillian Murphy Irlanda/Italia/Gran Bretagna/Francia, 2001     La storia di come Harry divenne un albero è una favola strana e commovente che parla di sogni, di cavoli, di amore e di odio. Il regista è Goran Paskaljevic, autore de La polveriera, costretto a emigrare da Belgrado a Parigi a causa del linciaggio della stampa ufficiale e delle persecuzioni della polizia segreta serba. Per ambientare questo film, tratto da un racconto cinese, Paskaljevic ha scelto lIrlanda perché gli irlandesi e i serbi sono entrambi ossessionati dal passato e perché lIrlanda è il paese di Beckett, dove la tragedia si mescola allhumour, dove il serio spesso diventa assurdo, quasi grottesco.   Skillet, Irlanda profonda umida e primitiva, 1924. Un sogno tormenta la quiete del bizzarro e arcigno Harry: si vede trasformato in albero e abbattuto, e dal suo legno vengono ricavate delle bare. Harry ha un figlio, Gus, un campo di cavoli in cui ha investito tutti i suoi soldi e alle spalle una triste storia di lutti che gli ha devastato la famiglia. La vita sempre uguale di Skillet diventa per Harry crudelmente noiosa finché non gli viene concessa unintuizione geniale che catalizza tutte le sue forze. Trovarsi un nemico. Il valore di un uomo si misura dalla forza dei suoi nemici decanta Harry in uno dei suoi deliranti monologhi. Dopo questa attenta riflessione, il suo odio si catapulta su Gorge OFlaherty, proprietario di qualunque cosa si muova a Skillet, quattro lavori, tre donne, unauto nuova e un figlio appena nato. Luomo più potente del villaggio, una vita invidiabile il cui sorriso tuona come un insulto imperdonabile a chi come Harry si sente maltrattato dalla vita e in debito con essa. Quando ci si aspetta il peggio dalle persone non si resta mai delusi e un buon motivo per odiare lo si trova sempre, ma se non bastasse Harry è capace di distorcere la realtà a suo piacimento pur di infangare il nome del nemico. Ma la sua follia galoppante mette in pericolo la felicità del figlio, che partirà con la moglie per lAmerica alla ricerca di una scappatoia dalla spirale dellodio.   Paskaljevic torna a parlare dellirrazionalità dellodio e delle sue folli conseguenze, e lo fa in modo molto convincente, coinvolgente, personale e carnale. Il suo film ha un tocco leggero che emoziona e ti entra dentro, il tono di una favola in cui si cela una violenza e una durezza senza appello. La violenza dellodio il serbo Paskaljevic lha provata sulla sua pelle e ne conosce gli intimi meccanismi: i principi dellodio di Harry sono gli stessi che hanno regolato la guerra etnica nellex Jugoslavia. Primo, individuazione del nemico. Secondo, deumanizzazione di esso attraverso la calunnia e la mistificazione. Terzo, eliminazione.   A Skillet come nellex Jugoslavia le ragioni dellodio sono più variabili del cielo dIrlanda. Non è una questione di etnia, di religione, di presunti conflitti secolari. Cè solo il bisogno viscerale di trovarsi un nemico per costruirsi su di esso la propria identità.