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Color Out of Space, Nicolas Cage in un B-movie horror che è già un classico (Recensione)

Richard Stanley adatta un celebre racconto di Lovecraft in un film che omaggia John Carpenter

Color Out of Space

28.01.2020 - Autore: Marco Triolo
Se siete appassionati di cinema horror, forse avrete già sentito parlare di Richard Stanley. Purtroppo la sua fama è dovuta principalmente a una serie di fattacci avvenuti sul set de L'isola perduta, film tratto da L'isola del Dottor Moreau di H.G. Wells che Stanley avrebbe dovuto girare (fu lui stesso a dare vita al progetto, dopo tutto), ma che gli fu strappato di mano e a affidato a John Frankenheimer, in un disperato tentativo di salvare la baracca. Il caso è il classico mix di interferenza di Hollywood nella visione di un giovane autore di talento e inesperienza dello stesso autore, incapace di gestire le pressioni di una produzione milionaria. 
 
Gli esiti sono stati allo stesso tempo esilaranti e surreali (consigliamo la visione dell'ottimo documentario Lost Soul: The Doomed Journey of Richard Stanley's Island of Dr. Moreau), ma anche traumatici per il povero Stanley. Che, segnato da questa orribile esperienza, si ritirò a vita privata sui Pirenei francesi (a Montségur, teatro della soppressione dell'eresia catara) per una ventina d'anni.

 
Ora, Richard Stanley è tornato con un nuovo film, il quarto lungometraggio di finzione della sua carriera (se contiamo L'isola perduta, s'intende). Color Out of Space, che adatta un famoso racconto di H.P. Lovecraft, è uscito da pochissimo nelle sale americane e ha riscosso un buon successo. Dimostrando che se la debacle de L'isola perduta non fosse avvenuta, forse in questi ultimi vent'anni Stanley avrebbe lasciato il segno nel cinema di genere.
 
I più distratti, vedendo i trailer di Color Out of Space, avranno notato soprattutto la presenza di Nicolas Cage. Un nome che assicura un certo grado di follia ai progetti a cui aderisce, catalizzando l'attenzione su di sé. Rischia di sfuggire, dunque, il legame con Lovecraft, autore che ha influenzato l'immaginario horror dell'ultimo secolo in maniera capillare, dalla letteratura (uno come Stephen King gli deve tutto) al cinema stesso. Ma, paradossalmente, sono pochi gli adattamenti diretti che hanno colto quell'atmosfera mista di paranoia e insondabile terrore cosmico che ne pervade l'opera. Questa è emersa con più precisione in film non tratti direttamente dalla sua opera. Ne citiamo due, entrambi di John Carpenter: Il seme della follia e La cosa.

 
Quest'ultimo lo ha citato anche Stanley come uno dei migliori adattamenti di Lovecraft senza esserlo realmente. E Color Out of Space dimostra quanto il capolavoro di Carpenter abbia segnato l'immaginario del regista, che lo omaggia apertamente in più di una scena. In generale, i due film si basano sullo stesso concetto, la stessa escalation di follia e paranoia: il confronto tra un gruppo di umani inermi e un male alieno, imbattibile in quanto inarrestabile nella sua espansione.
 
La storia è quella della famiglia Gardner, che vive in una fattoria seguendo il mantra dell'impatto zero. Il capofamiglia Nathan (Cage) alleva addirittura degli alpaca e sogna di essere completamente indipendente dal resto del mondo. Ma qualcosa turba all'improvviso quel sogno: uno strano meteorite si schianta nella proprietà dei Gardner, portando con sé una misteriosa forma di vita che inizia a prendere il possesso della natura circostante, mutandola in modi sempre più spaventosi e imperscrutabili.

 
Il film è prodotto da SpectreVision, la compagnia fondata, tra gli altri, da Elijah Wood, che ha già prodotto il cult Mandy (sempre con Cage). Se avete visto il film di Panos Cosmatos, potreste avere una vaga idea di cosa aspettarvi qui: fotografia dominata da un solo colore, un terrore psichedelico che emerge a poco a poco per esplodere in un finale delirante. Qui però c'è un Nicolas Cage che, a parte un paio di momenti in cui Stanley lo ha chiaramente lasciato fare, tiene a bada la sua ben nota follia per esplorare le varie sfumature della discesa agli inferi del suo personaggio.
 
Stanley dosa con grande gusto questa discesa nella pazzia, sia dei personaggi che del film, e Color Out of Space ne esce come un horror d'altri tempi, solido e soddisfacente, che più che far paura vuole inquietare, e farlo con immenso stile. Lavorando con un budget davvero basso, 6 milioni di dollari contro i 40 de L'isola perduta, Stanley sfrutta al massimo le armi del cinema. Lascia intuire più che mostrare, ma quando mostra si avvale di effetti speciali pratici realizzati con enorme perizia, per la gioia dei fan del genere.

 
Color Out of Space è oltretutto un film molto personale, in quanto metafora evidente del percorso di Richard Stanley, dall'auto-esilio in un luogo idilliaco al ritorno sulle scene. Il meteorite e il suo “ospite”, che si insinua a poco a poco in tutto ciò che lo circonda, rappresentano in un certo senso il potere incontrollabile della creatività, che non può essere zittita.
 
Il regista ha dichiarato che questo è solo il primo capitolo di una trilogia sugli scritti di Lovecraft, che proseguirà con The Dunwich Horror (Stanley lo sta già scrivendo) e con un terzo film ancora misterioso. Tutti saranno prodotti da SpectreVision e legati tra loro. Dato l'esito di questo lungamente atteso ritorno, non vediamo l'ora.