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Chiamatemi Francesco – La nostra recensione

Daniele Luchetti indaga sul passato di Papa Bergoglio trovando il giusto equilibrio tra il racconto di una figura eccezionale e i toni mai forzatamente agiografici

Chiamatemi Francesco

28.11.2015 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Un biopic di fabbrica italiana, italiano è infatti il regista, Daniele Luchetti, italiana è la produzione, la Taodue di Pietro Valsecchi, ma internazionale è il respiro dato alla ricostruzione del percorso spirituale del Pontefice Francesco. E allora com’è il passato del nostro Papa visto dall’Italia? Enigmatico, pio, ma soprattutto raccontato nel momento in cui è stato probabilmente più distante dal suolo del Vaticano. Ovvero durante la formazione spirituale e personale in Argentina, prima come perito chimico, poi come responsabile provinciale dei Gesuiti negli anni della dittatura di Videl dal 1976 al 1981, che furono anche interessati in maniera postuma dalle accuse mosse nei confronti di Bergoglio per il suo atteggiamento ambiguo – almeno secondo alcuni – nei confronti del regime militare.



Date le premesse il biopic è però un tipo di vestito che si presta poco allo sfoggio delle parti macchiate, spiegazzate e imperfette, preferisce invece mostrare un lato privo di difetti, come di solito si addice a quello indossato pubblicamente dalle icone. Difficile dunque raccontare la complessità di una figura tanto amata e santificata.

Però Chiamatemi Francesco è in questo senso un film di valore, perché riesce a spostare bene il centro della storia, prevalentemente di ambientazione argentina, allargando il racconto personale della vita del futuro Papa, alle sorti del Paese e della sua gente, quest’ultima non per forza munita di fede incrollabile. E quindi è anche un ritratto a volte violento, oppressivo, dell’Argentina anni Settanta, ed ha spesso più voci, tra le quali spicca il personaggio femminile e laico di Esther Ballestrin (l'attrice Mercedes Moran), giusto per sottolineare una storia che non ispira o coinvolge solamente i credenti. In mezzo, la figura enigmatica del Papa, interpretata in maniera piuttosto magistrale – per via del basso profilo adottato dallo stile registico – dall’attore Rodrigo de la Serna, e in versione adulta, da Sergio Hernandez, che il film decide in entrambi i casi di avvolgere in un’aura enigmatica, misteriosa eppure determinata.



Piace questa lettura, perché ricca e non solamente devota alla santificazione sullo schermo, di un uomo che ha già i suoi innumerevoli fan. E a noi che lo vediamo per la prima volta in veste cinematografica e trasfigurata, arriva un sentimento di indiscussa umanità, un grande carattere e una semplicità che commuove, specialmente se messa a confronto con l’immagine più opaca che abbiamo della Curia romana e dei suoi componenti.

Chiamatemi Francesco racconta quindi un Papa alieno, che con la propria semplicità e con la sua storia di guida spirituale fortemente connessa con il passato più oscuro del continente sudamericano, illumina il presente della Chiesa bisognosa di tornare a una certa umiltà. E c’è davvero del buono in questo lavoro che convince e nasconde il proprio cuore made in Italy con una storia dal respiro universale
 
Chiamatemi Francesco, uscita il 3 dicembre, è distribuito da Medusa.  
 
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