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CARUSO, ZERO IN CONDOTTA

CARUSO, ZERO IN CONDOTTA

Caruso, zero in condotta

06.07.2001 - Autore: Stefano Finesi
Un Caruso psicoanalista, una Giulia imprevedibile, un po di pazienti folli (Platinette nei panni di una suora che vuole diventare papa) ma anche i ricordi a intermittenza di quando anche il piccolo Caruso era rimproverato dal babbo: sono passati tredici anni da Caruso Pascoski, di padre polacco e Nuti giura che i due film non centrano niente luno con laltro, malgrado i vari punti di contatto. Da parte nostra possiamo dire che lo rimpiangiamo comera proprio tredici anni fa, con un film sgangherato e malinconico che soprattutto aveva una indiscutibile vitalità, mentre Caruso, zero in condotta non ne ha a sufficienza per nascondere i vistosi buchi della sceneggiatura (uno per tutti: perché Giulia gioca a fare la piccola criminale?), né per giustificare il sovraccarico stilistico con cui da sempre Nuti ama confezionare i propri film. Dolly scatenati, carrellate a destra e manca, inquadrature audaci, il regista toscano è un po il Max Ophuls dei comici italiani, con il problema, è ovvio, che tutto questo sudore della cinepresa non ha solide fondamenta drammatiche e rimane fastidiosamente fine a se stesso. Soprattutto, però, il film non fa ridere: non è capace di costruire gag con un minimo di spessore, né di lasciare spazio ad a solo di emergenza da parte di un Nuti comunque appannato. Anche la pista sentimental-malinconica, altro asso nella manica del comico, finisce per apparire velleitaria e fanno sorridere i richiami fatti dal regista in conferenza stampa agli zeri in condotta della storia del cinema, primi fra tutti quelli di Vigo e De Sica. Anche Nuti in fondo, come tanti altri comici italiani, vorrebbe fare il famoso salto di qualità verso qualcosa di più serio, ma non ha il coraggio produttivo per affrontare il rischio.  
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