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Cappuccetto Rosso Sangue - La nostra recensione

Catherine Hardwicke dai vampiri ai lupi mannari. Ma la mano è sempre quella. Purtroppo.

Cappuccetto rosso sangue - Amanda Seyfried

21.04.2011 - Autore: Alessandro De Simone
Il nuovo trend di Hollywood, dopo sequel, remake, supereroi e sequel e remake di supereroi, sono le favole. Stanno per arrivare varie versioni di Biancaneve, Bella addormentata e altre ne giungeranno, tutte in salsa più o meno gotica, sessual liberata, dark, horror, emo eccetera.
Ad aprire questo nuovo filone ci ha pensato Catherine Hardwicke, che dopo avere perso una gallina dalle uova d’oro come la saga di "Twilight", ha deciso di riprendere il suo percorso cinematografico femminista teen portando sullo schermo una rivisitazione, molto libera, della celeberrima favola di Cappuccetto Rosso.

Amanda Seyfried e Shiloh Fernandez in Cappuccetto Rosso Sangue

La storia, per grandi linee, è quella che noi tutti conosciamo sin da bambini: un bosco pericoloso, una ragazzina impavida, una casa con la nonnina, un coraggioso cacciatore e, ovviamente, un terribile lupo. La Hardwicke fa alcune variazioni sul tema, trasformando la giovincella in una ragazza alla fine dell’adolescenza con desideri sessuali sani ma frustrati dalla madre che la promette in sposa a un ricco fabbro ferraio, ignorando il passionale tagliaboschi. La vita del villaggio viene però turbata dall’uccisione della sorella della bella e procace Valerie, un’ipnotica Amanda Seyfried, per mano del lupo mannaro che da sempre infesta la foresta che circonda il paesotto. Viene così chiamato un ammazza licantropi, che si rivela una cura ben più perniciosa del male, mentre Valerie scopre di avere in comune con il lupo cattivo sin troppe cose.

Sebbene intrigante come idea e con un look generale abbastanza accattivante, "Cappuccetto Rosso Sangue" ha purtroppo tutti i limiti che il cinema della Hardwicke ha evidenziato nel corso degli anni. Regia dal ritmo discontinuo e con un decoupage generale spesso raffazzonato, pessima direzione degli attori e dialoghi ai limiti del ridicolo. Il film riprende ovviamente i temi che più cari potevano essere alla regista, dalla scoperta della sessualità all’indipendenza dalla famiglia, come già aveva mostrato in "Thirteen", sopravvalutato esordio pseudo-indie (targato Fox Searchlight) di questa ex scenografa di talento. Peccato che, come in quel film e anche nei successivi "Nativity" e lo stesso "Twilight", tutto viene trattato al contempo con sciatta pesantezza, spogliando quindi questi messaggi della loro indubbia importanza.

Amanda Seyfried in Cappuccetto Rosso Sangue

Peccato, per la storia che meritava senz’altro una maggiore attenzione, e per Amanda Seyfried, giovane attrice dall’indiscussa bravura che non riesce però a scegliere ancora a dovere i suoi copioni. Sul resto del cast, Gary Oldman si cimenta nell’ennesima variazione alimentare sul tema "Leon", Julie Christie recita con classe il ruolo della nonna, il resto non sembra capire bene cosa stia succedendo, in particolare i due giovani contendenti del cuore di Valerie, Shiloh Fernandez e Max Irons, due belle facce e nulla più. Il secondo, oltretutto, porta un cognome importante, in quanto figlio di Jeremy, ma non sembrano essersi abbeverati alla stessa fonte del talento.

"Cappuccetto Rosso Sangue" è distribuito nei cinema dalla Warner Bros.

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