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Bohemian Rhapsody - La recensione del biopic su Freddie Mercury e i Queen

Deludente per molti versi l'interpretazione resa da Rami Malek & Co. del grande cantante, il cui mito continua a non essere scalfito.

26.10.2018 - Autore: Mattia Pasquini
Abbiamo aspettato due anni per vedere la trasformazione di Mr. Robot in Freddie Mercury, e finalmente il tanto travagliato Bohemian Rhapsody è qui. Il film condiviso da Bryan Singer e Dexter Fletcher è stato sicuramente uno dei Biopic (e) Musical più attesi dal grande pubblico, anche per la somiglianza mostrata dal suddetto Rami Malek con lo scomparso frontman dei Queen al centro della vicenda.



Il palco è tutto suo, come è sempre stato e come non avrebbe potuto essere altrimenti, ma tenerlo come faceva lui non è da tutti. Non sempre è facile indossare certi panni, d'altronde, come deve aver realizzato il nostro protagonista, perfetto sotto molti versi eppure lontanissimo dal riuscire a rendere proprio la parte su cui il film mostra di aver voluto puntare maggiormente, quella della solitudine sofferta e dell'umanità nascosta dietro paillettes ed eccessi.

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Si parla delle difficoltà del giovane Freddie con il padre, troppo tradizionalista, con la moglie Mary Austin, amatissima e spesso testimone impotente della sua deriva, con discografici vari (in alcuni casi, alcune delle scene più gustose a livello di scambi) e con gli altri componenti dei Queen, ma ha del paradossale che in quello che si voleva fosse "un film sulla famiglia" si siano registrati tanti problemi tra i soggetti coinvolti… come hanno dimostrato le 'divergenze creative' tra Sacha Baron Cohen e Brian May e tra lo stesso Malek e Synger.



Una genesi tanto travagliata non poteva non lasciare il segno, purtroppo. Segno che invece difficilmente lascerà il prodotto finale presentato al pubblico, di fan e non. E se questi ultimi potranno godere il ricordo (che definirlo "omaggio" sarebbe improprio) di una personalità come quella di Mercury, i più appassionati di lui e della sua musica rischieranno di restare delusi quanto più alte fossero le loro aspettative di trovare l'anima promessa.

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Molte scene e momenti chiave della storia raccontata non si elevano sopra il livello del 'Tv Movie' musicale, e in alcuni casi la encomiabile capacità mimetica del protagonista risulta ostaggio della necessità di replicare visivamente atteggiamenti e situazioni, ora iconici (prevedibilmente, nel caso delle pose 'da palco') ora emblematiche (come nella tristemente caotica festa mutuata dal video di Living on my own).



Ma la canzone di Mr. Bad Guy (1985) non è la sola scelta accuratamente in una colonna sonora che ha comunque il pregio - oltre che di far risuonare alcune delle perle della discografia di uno dei gruppi che hanno fatto la storia del Rock - di accompagnare la narrativa sullo schermo, sottolineandone i temi. A parte tutta la parentesi relativa alla sua discussa sessualità, qui affrontata in maniera piuttosto approssimativa, edulcorata e rivisitata. Save Me, Somebody To Love, Love Of My Life, Under Pressure, Who Wants To Live Forever… fino a The Show Must Go On disegnano una parabola molto chiara, forse troppo, che si conclude con lo storico Concerto di Wembley del Live Aid e che lascia, dopo la visione, una gran voglia di riascoltare gli originali e di rivedere Gwilym Lee (esordiente in The Tourist, poi apparso in L'ispettore Barnaby e Jamestown), capace di dar vita a un Brian May perfetto.


Bohemian Rhapsody, in sala dal 29 novembre 2018, è distribuito dalla 20th Century Fox.