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Attacco a Mumbai, la recensione del film sugli attentati del 2008

L'esordiente Anthony Maras ricostruisce il tragico assedio dell'Hotel Taj. Dal massacro al ritardo delle truppe speciali

09.04.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
Attacco al potere, l’Occidente brucia. I simboli vengono distrutti, i ricchi massacrati, per mandare un segnale forte al mondo. Le Torri Gemelle, gli attentati di Mumbai del 2008… Viene messo sotto scacco lo stile di vita, il classismo, l’idea di essere intoccabili. Proprio Attacco al potere di Edward Zwick nel 1998 era stato profetico: guerriglia per le strade, bombe, rastrellamenti, gabbie a cielo aperto che guardavano già agli orrori di Guantanamo. Ma ormai l’11 settembre è lontano, anche se incredibilmente vicino. E Attacco a Mumbai – Una vera storia di coraggio è una conseguenza, un altro tragico capitolo di una mattanza senza fine. I mandanti dell’azione sono in Pakistan, il braccio armato assedia l’India.

Il 26 novembre 2008 simultaneamente ci furono dieci attentati a Mumbai, che terminarono con la battaglia dell’Hotel Taj, albergo di lusso, meta per le vacanze degli stranieri con il portafoglio pieno. Morirono più di cento persone, tra ospiti e membri dello staff. Le truppe speciali dovettero arrivare da Nuova Delhi, e impiegarono più di dodici ore.



Il regista Anthony Maras, qui alla sua opera prima dopo l’ottimo cortometraggio The Palace, mette in scena un racconto quasi documentaristico. Utilizza immagini di repertorio, segue il reale svolgersi degli eventi. Ha imparato la lezione da United 93 di Paul Greengrass: scegliere l’accuratezza e sacrificare l’eroismo. In Attacco a Mumbai non ci sono superuomini pronti a salvare tutti, ma solo vittime. I terroristi vengono descritti con sguardo umano, plagiati dalla voce alla radio che spiega loro le prossime mosse, illusi di poter dimenticare la miseria in cui sono cresciuti attraverso il sangue. Uomini e donne del personale tentano di proteggere chi alloggia nell’hotel, le famiglie divise provano a riunirsi sfidando la morte. Anche i poliziotti non hanno i mezzi per affrontare la minaccia, e vengono traditi dalla loro goffaggine.

Maras non giustifica, né condanna: espone i fatti, in tutta la loro disperazione. Non ha paura di mostrare la brutalità, ma evita di spettacolarizzare le esecuzioni. Spesso si sofferma sui carnefici, per catturare l’indifferenza, la banalità del male che si cela dietro alla strage. Sceglie tinte desaturate, colori poco accesi, in un film d’azione claustrofobico, bloccato tra gli saloni e i corridoi di una prigione dorata.

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Il palazzo da le mille e una notte è il teatro dell’incubo, è un gioco di opposti. Nella prima parte, la povertà delle periferie si alterna allo sfarzo, chi non può permettersi neanche un paio di scarpe si confronta con cucine stellate. Poi la tragedia, in cui improvvisamente ci si scopre tutti uguali, in una solida storia di genere, che non cerca nuove soluzioni nel linguaggio, ma costruisce bene la tensione. Nel 2015 in Orizzonti alla Mostra di Venezia era stato presentato Taj Mahal di Nicola Saada. Stessa vicenda, concentrata sui drammi intimisti di chi si nascondeva. Attacco a Mumbai è più compiuto, restituisce l’anima nera di una pagina da non dimenticare. E che tragicamente, in modi diversi, continua a ripetersi.

Il film uscirà nelle sale il 30 aprile distribuito da M2 Pictures