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Una promessa mantenuta

L'interesse nei confronti di una musicista come Jon Brion si rinnova ad ogni sua nuova prova cinematografica. E per I Love Huckabees, Brion sembra aver trovato la stessa predisposizione nella regia di David O. Russel

I heart huckabees

12.04.2007 - Autore: Giuliano Tomassacci
L’interesse nei confronti di una musicista come Jon Brion si rinnova ad ogni sua nuova prova cinematografica. Se è effettivamente possibile rintracciare una corrente off nella musica da film americana, un’indipendente e salutare  frangente alternativo tra i film-composer della nuova generazione, allora Jon Brion (insieme forse all’altrettanto inusuale Rolfe Kent) si pone in cima all’ipotetica lista di esponenti, tanto per l’eccentricità dell’approccio alle immagini quanto per la felicità, il gusto, e l’evidente ricercatezza delle scelte musicali. Impossibile non ricordare in tal senso il suo apporto all’affascinante Ubriaco D’amore di Paul Thomas Anderson, fattivamente supportato da un commento musicale inconsueto nel fondersi con protagonismo al discorso narrativo, arrivando addirittura con stile a rovesciare il rapporto audio-visivo in passaggi dove la musica s’impone al girato facendosi  carico del trasporto narrativo.

Merito, certo, anche della disponibilità di un cineasta come Anderson.  E per I Love Huckabees, Brion sembra aver trovato la stessa predisposizione nella regia di David O. Russel, che infatti nel booklet della colonna sonora ringrazia esplicitamente Anderson, senza i cui film avrebbe impiegato “molto più tempo a trovare Jon Brion”.

Ancora una volta la musica è ricca delle particolarissime invenzioni del compositore: orchestrazione a dir poco atipica – con largo impiego di flauti, arpa, “Euphorium” e del particolarissimo Wurlitzer – un’inclinazione stilistica in equilibrio perfetto tra minimalismo, musica concreta e il patchwork concettuale e un sapore pop ulteriormente incentivato dal suond unplugged delle registrazioni. Ma stavolta, il Brion one-man-band (buona parte degli strumenti eseguiti personalmente) si presta anche come cantautore, con evidente successo: brani come Knock Yourself  Out (che ripresa strumentalmente diventa il tema portante del film), Didn’t Think It Would Turn Out Bad (proposta anche in versione per quartetto d’archi) e Get What It’s About si affidano solari al beat raccolto e un po’ retrò dei Beatles più intimi. Non stupisce poi che la voce e il trattamento melodico rimandino al repertorio di Aimee Mann per Magnolia, dove il musicista, ai suoi esordi cinematografici, rimaneva nell’ombra dello sparso commento originale.  Stavolta, non fosse bastato il suo score per Se Mi Lasci Ti Cancello, il talento è palese e in piena luce.

Jon Brion – I Love Hucakbees  



Milan – 301 707-5

 

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