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Un noir alla Simenon

Curiosando tra le pellicole della sezione controcorrente ci siamo imbattuti in questo "Une place parmi les vivants" del prolifico regista cileno esiliato a Parigi Raoul Ruiz.

Une place parmi les vivants

12.04.2007 - Autore: Elena Dal Forno
Une place parmi les vivants di Raoul Ruiz   Oltre ai film in concorso, a Venezia si svolge una competizione-bis denominata "Controcorrente" riservata a quei film riconoscibili per "intenti di innovazione, originalità creativa, linguaggi cinematografici alternativi". Una gara non certo in tono minore a giudicare da chi è stato inserito in questa sezione, Lars Von Trier, Sofia Coppola, Cipri e Maresco, Kumakiri e molti altri.   Curiosando tra le pellicole ci siamo imbattuti in questo "Une place parmi les vivants" del prolifico regista cileno esiliato a Parigi Raoul Ruiz. Un film ambiguo sull'ambiguità. Niente è come sembra ammonisce il regista e tutto ha almeno una doppia verità, se non di più. Nessuno abita veramente sè stesso perchè vorrebbe essere altro o altrove, in un continuo gioco di scambio fra vittima, assassino e carnefice che coinvolge o dovrebbe coinvolgere anche lo spettatore.   Tratto da un romanzo di Jean Pierre Gattegno, il film si apre come il più classico dei noir - dopo pochi minuti sappiamo già chi è l'assassino (o crediamo di saperlo?) e finisce nel giallo e nel melò.   La storia narra di come lo scrittore Ernest Ripper (il riferimento a Jack Lo Squartatore detto "The ripper" è sin troppo evidente), a corto di idee e scaricato dalla sua editrice, con la quale ha avuto in passato un flirt, accetti (per denaro? perchè vorrebbe lui stesso esserloe non ne ha il coraggio?) di narrare le vicende di tale Joseph Arcimboldo (dice niente il cognome?) che afferma di essere il serial killer delle bionde che imperversa nel quartiere parigino del XVIII arrondissement.   Tra i due si sviluppa un rapporto perverso e ambiguo, fatto di mezze confessioni e nessuna verità (ma questo lo sapremo alla fine, trattandosi di un giallo, o era un noir?) che porta comunque Ripper a trovare l'ispirazione per il suo romanzo. Un libro di cui poi lo stesso Arcimboldo rivendicherà la paternità e allora cominceranno le rivelazioni... ma saranno poi autentiche?   Girato ricalcando le atmosfere notturne anni '50, quasi simenoniane, e nonostante l'ottima idea a farne da sfondo - l'ambiguità che abita in noi, la solitudine, l'incapacità di viversi in un quotidiano angosciante (emblematica la battuta della fidanzata-prostituta di Ripper "Non vado bene per te amore, ho una doppia vita. Lavoro anche alle Poste") - il film lascia poche tracce dietro di sè. Non infiamma, non trascina, resta impeccabile nello stile, ma sembra tutto già visto e già sentito dato il numero di citazioni e rimandi continui che vi si possono cogliere. Onore al merito comunque agli attori (Christian Vadim, Thierry Gibault e Valerie Kaprisky) che rendono la lentezza di questa opera a tratti godibilissima.
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