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Un alieno di nome Raoul

A Roma per presentare la sua ultima fatica americana "Alien vs Predator" Raoul Bova confessa che questo genere di film sono un divertimento ma soprattutto una vittoria su chi gli diceva di tornarsene a casa.

Raoul Bova

12.04.2007 - Autore: Elena Dal Forno
“Sono uno che non si è montato la testa e che rimane capace di credere che solo lavorando tanto si possono ottenere ottimi risultati”. Così si presenta Raoul Bova, sex symbol del cinema italiano per chi non lo conosce, e uomo invece di straordinaria umiltà, dedito a sport, lavoro e famiglia per chi ha la fortuna di apprezzarlo anche quando non ha le luci dei riflettori puntate contro.   A Roma per presentare la sua ultima fatica americana “Alien vs Predator” Bova confessa che “questo genere di film sono un divertimento per un attore, ma soprattutto per me sono una vittoria su chi mi diceva all’inizio di tornarmene a casa, che forse era meglio che me ne stessi in Italia a recitare. Ho voluto provarci seriamente e dopo quasi quattro anni spesi a lavorare su me stesso e sul mio inglese questo è il risultato, non mi monto la testa ma sono contento”.   Ma lui era un fan di Alien? “Da piccolo devo dire che Alien mi ha fatto paura! Lo vidi da bambino, quasi di nascosto e uscii dal cinema dopo il primo tempo… non riuscivo a reggere l’impatto. Di tutti gli horror o i film di fantascienza questo era di certo il più affascinante quindi poterci lavorare all’interno era davvero interessante per me”.   Come mai il genere fantascienza/mostri secondo lei ha tutta questa presa sul pubblico? “Forse è semplicemente un modo per esorcizzare i mostri veri, quelli della realtà quotidiana, come quelli che hanno appena eletto in America…”   Come si sente un italiano a Hollywood? “Quasi come un alieno! Los Angeles è una città dove ti senti schiacciato, molto solo. Si va ad una velocità molto intensa, quasi folle e spesso mi sento inadeguato a questo tipo di vita. Spesso un attore è bombardato da inviti o feste o pressioni di ogni genere.. per questo penso che in futuro se accetterò altre proposte americane, porterò con me la mia famiglia. (Raoul ha due figli di tre e cinque anni, ndr). In ogni caso all’inizio è stata durissima e comunque io non faccio affidamento su una carriera americana, lì sei un dio o nessuno nel giro di 24 ore e questo non mi piace. Mi sento italiano e quindi subito dopo Alien ho girato un film molto piccolo italiano, di Umberto Marino, che si chiama “La fiamma sul ghiaccio”, dove si parla della sindrome di Aspberger”.   Raoul inoltre ha in partenza un programma alla Radio, “Valentino”, dall’8 novembre su Radio Due alle 12,10 e sta valutando molte situazioni. “Diciamo che il lavoro radiofonico è stato certamente più interessate di quello di Alien, dove lo sforzo interpretativo non è poi così eccessivo… E poi ora sto valutando proposte sia americane che italiane, mi piacerebbe ancora fare televisione e magari un musical!”   Con chi le piacerebbe lavorare? “In Italia con Bertolucci, Amelio, Crialese, Tornatore… si sono molti registi che mi piacciono, bisogna vedere se loro vogliono lavorare con me!”   Qual è il segreto di questa sua forza e umiltà? “Devo dire che lo sport in questo mi ha aiutato molto. Quando ero un campioncino di nuoto, e tutti mi facevano credere che lo fossi, feci una gara che poteva cambiare la mia vita.. era per qualificarmi alle olimpiadi. Su una virata mancai completamente il tocco a muro e persi la gara. Mi resi conto che mai niente è scontato e che mai bisogna sentirsi arrivati, perché nel momento in cui lo credi è il momento in cui precipiti. Questo mi ha insegnato quella gara e da allora mi sento di comportarmi così”.   Farà un seguito di questo AlienvsPredator? “ Non credo proprio, nonostante clonazioni ed effetti speciali che possono sempre riportarmi in vita (nel film il suo personaggio muore) credo che si concluderà qui la mia esperienza con i mostri”.  
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