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Tu mi ami

Amelie è arrivata a New York in cerca di fortuna e di un futuro nel mondo dello spettacolo. Esce "Tu mi ami", nuova commedia dell'americano Amos Kollek, che si snoda tra situazioni grottesche e incontri sopra le righe.

Tu mi ami

12.04.2007 - Autore: Giorgia Bernoni
di Amos Kollek con Audrey Tautou   Val è una giovane attrice francese partita da un paesino di provincia e sbarcata a New York senza punti di riferimento e in trepidante attesa di sfondare nel mondo dello spettacolo. Senza soldi e senza coordinate la ragazza vive senza fissa dimora, racimolando spiccioli e facendo i lavori più improbabili, sempre in compagnia della sua scopa. Ma la sua caparbietà verrà presto premiata grazie all'aiuto di un brillante sceneggiatore in crisi d'ispirazione. Il personaggio di Jack, il talentuoso scrittore, con il suo atteggiamento cinico e disincantato, vagamente ispirato alle tribolazioni dello stesso regista (come lui stesso ha dichiarato), combacia in quanto ad opposizione a Val, ottimista, motivata e fiduciosa.   Il lieto fine non rappresenta certo una sorpresa (Happy End si intitola la pellicola nell'originale) anche per l'atmosfera da commedia frizzante e ottimista che pervade tutta la pellicola e che non pretende grossi sforzi d'immaginazione da parte dello spettatore. Come nelle precedenti pellicole di Amos Kollek (Sue perduta a Manhattan, Fast Food, Fast Women) l'eroina è una giovane donna, solitaria ma intraprendente che vaga nella grande città con un sogno e la ricerca di qualcosa al quale aggrapparsi, interpretata dal viso da cerbiatta della Tautou-Amelie la cui espressività è tutta concentrata nei profondi occhioni. Fin dalle primissime inquadrature Tu mi ami sbilancia il proprio racconto volontariamente sul versante surrealistico, accentuando situazioni, personaggi e atmosfera al limite della credibilità, configurandosi essenzialmente come una favola moderna.   Purtroppo l'esperimento risulta riuscito solo in parte e la sceneggiatura, per quanto originale e divertente, si perde troppo nell'inseguire le peripezie della stralunata protagonista. Probabilmente la svista maggiore di Amos Kollek è stata quella di accentuare le caratteristiche di un film americano forzatamente e volutamente indipendente e di rafforzarlo di quell'areola specificatamente francese e naif che ha fatto la fortuna di tante commedie d'oltralpe, ottenendo in questo modo un risultato non del tutto omogeneo e scorrevole.