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Tom Cruise l'istrione

Nella sala scintillante dell'Hassler, Tom Cruise l'ha fatta da padrone. Forse dando una risposta a chi si chiede ancora delle sue capacità attoriali. Istrione lo è di sicuro, questo ragazzo che parla di spiritualità con voce profonda eppoi sa abbandonarsi in un istante alle più esilaranti gag.

Last Samurai

12.04.2007 - Autore: Matteo Nucci
E dicono che non è davvero attore, che resta sempre lo stesso, Tom Cruise, con un bagaglio di esperienza notevole, sì, ma mai davvero istrionico, mutevole, camaleontico come solo i più grandi. Dicono che resta il solito ragazzo simpatico e gentile, bene educato e sorridente, capace di dare solo qualche lieve sfumatura sul volto poco sofferto a seconda dei personaggi che interpreta. Ma l’hanno mai visto in conferenza stampa? Perché è anche da una ‘semplice’ conferenza stampa che si capisce il talento.   Quando ha varcato la porticina mimetizzata sul fondo della sala scintillante dell’Hassler, Tom Cruise si è limitato a sorridere. Con gli occhi brillanti, la smorfia segnata sulla barbetta attentamente incolta, camicia scura e calzoni scuri. Niente di sorprendente se non per il rapito ‘pubblico’ femminile. Un veloce cenno di saluto e subito a sedere. Parlava Zwick, infatti, introducendo questo film tanto atteso, raccontando della straordinaria accoglienza in Giappone e degli sforzi fatti per comprendere una cultura tanto lontana. Ma sono stati pochi minuti. Poi è cominciato lo show.   “Great to be back in Rome” – voce vellutata, quasi commossa. Mormorii d’incanto in sala. “Mi toglie il respiro questa città”. Melodramma. “Era l’una di notte. Eravamo stanchissimi e nessuno avrebbe voluto andare a dormire. Ma dovevamo proprio”. Allusioni tragiche. “Anche dall’albergo, di notte, Roma è fantastica”. Adulazione. “Ah! Davvero. Avremmo voluto girare per tutta la notte. Ma non potevamo. E allora ci siamo fatti un’ ottima pasta. Splendido mangiare pasta a Roma!” Ironia. In poche battute ecco l’istrione.   Il resto è stato un crescendo. Un crescendo di empatia, simpatia, gioco e astuzia. Trucchi da attore, insomma. Assieme ad improvvisi cambiamenti d’umore, profondità di voce, attenzione verso l’argomento, autoironia velata. Fin dall’inizio, quando ha cominciato a tentare qualche parola d’italiano, coinvolgendo le giornaliste in saluti affettuosi, aiutando a spostare microfoni e riavvolgere nastri, dicendo “buongiorno, come sta?” a chiunque gli parlasse. Intanto snocciolava perle di saggezza. Comprensione dei valori altrui, attenzione, rispetto, senso di responsabilità. E per spiegare bene il lavoro fisico portato avanti, con un balzo saliva sul tavolo, ridacchiando. “Ecco. All’inizio, arrivavo qui (goffamente le braccia anchilosate sulle ginocchia). Ora, guardate… (esaltazione dello stretching)”.   Ma sa farsi subito serio, l’attore. “La verità è la verità. È necessario saper prendersi il tempo per ascoltare e capire..” In sala suona un telefono, una suoneria allegra, assolutamente fuori luogo. L’attore s’interrompe. “Hello! Pronto, pronto. Pronto, pronto”. Il ‘pronto’ in italiano è squillante. Il volto si è modificato in un attimo. Ma dopo le scuse della giornalista, l’attore torna subito serio. Comunicare e conoscere. Insegnare. Perché la comprensione evita i conflitti, mentre l’ignoranza produce razzismo e intolleranza. Il discorso è lungo, complesso. Così, quando la traduttrice si appresta a riproporlo in italiano, l’attore si alza in piedi e tira fuori la camicia dai calzoni. Silenzio di un attimo che sembra infinito. Finché lui prende un lembo della camicia e asciuga il sudore della ragazza.   Pare che sia stata molto invidiata, la brava traduttrice. L’attore infatti ha cominciato a tenerla sempre più in considerazione, massaggiandole le spalle mentre riportava le sue parole sull’onore dei samurai, facendole coraggio con calde carezze sulle braccia quando spiegava la differenza fra la morte dei kamikaze e la morte come arricchimento della vita dello zen che è il sottofondo della cultura samurai, coccolandola mentre spiegava la spiritualità insita nel concetto di condivisione.   Il finale, poi, è stato epico. Prima che Tom Cruise – chissà se l’attore o l’uomo (ammesso che vi sia un discrimine preciso) – si concedesse alla marea di richieste d’autografi e strette di mano, c’è stata un’interpretazione perfetta del perfetto italiano. L’ultima domanda ne escludeva altre decine e quando la giornalista distratta ha pronunciato l’ennesima richiesta di approfondire la spiritualità samurai e quella personale di Tom Cruise, la sala si è rivoltata. Una perfetta scenetta italica di cui l’attore e l’uomo rideva. L’uomo attore però ha risolto tutto in fretta. Assicurando che avrebbe risposto ancora, ha ripreso a parlare di spiritualità. Ma ecco un giovane italiano che lo interrompe chiedendogli di Kubrik. Ed ecco l’interpretazione perfetta. In italiano, tono alto, arrabbiato, sopra le righe, confusionario e aggressivo. “Scusa. Scusa. Scusa, eh! Adesso lasciami rispondere! Eh! Basta. Basta!” Poi di nuovo sorrisi. Fino alla prossima interpretazione.  
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