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Ti do i miei occhi

Il terzo film della regista e sceneggiatrice spagnola Iciar Bollain, vincitore di sette premi Goya, è duro e coraggioso. La violenza domestica è affrontata nella sua quotidianità, in modo sottile

Ti do i miei occhi

12.04.2007 - Autore: Terry Marocco
regia: Iciar Bollain con: Laia Marull, Luis Tosar, Candela Pena, Rosa Maria Sardà   Una ricerca dell'Università di Harvard ha rivelato che per le donne tra i quindici e i quarantaquattro anni la violenza è la prima causa di morte e di invalidità. Più del cancro, degli incidenti stradali e della guerra. Una realtà che non risparmia nessuna nazione, né classe sociale. Una realtà che il più delle volte si consuma tra le pareti di casa. Antonio e Pilar sono sposati da molti anni. Una coppia normale, come ce ne sono tante: né particolarmente belli, né particolarmente ricchi. Vivono a Toledo, lui lavora in un negozio di elettrodomestici, e hanno un bambino. Una notte Pilar prende il figlio, le sue cose e scappa. Cosa fa fuggire una donna così in fretta da uscire di casa in pantofole? La paura. Quella più insensata e angosciante per l'uomo che le vive accanto e dice di amarla perdutamente. E invece la picchia. Senza un vero motivo, per insicurezza, per paura di perderla, per una gelosia inesistente, o semplicemente perché è più facile così. Pilar (Laia Marull minuta e intensa) si rifugia dalla sorella Ana e cerca di cominciare una nuova vita. Trova un lavoro che le piace molto, amiche comprensive e, anche se la madre (Rosa Marìa Sardà, attrice di Almodòvar) continua a dirle di tornare indietro 'perché una donna da sola non è mai felice', lei cerca di esserlo. Ma Antonio (Luis Tosar decisamente brutto ma bravo a rendere le sfumature di un carattere fragile e crudele) ricomincia a cercarla e questa volta a capo chino e in veste di innamorato: la corteggia, le dice che si sta curando (le seduta dallo psicologo per uomini violenti sono tragicamente comiche) e le promette che cambierà. Pilar gli crede o meglio vuole credergli. Un meccanismo perverso e antico: la vittima che ha bisogno del suo carnefice. Antonio prova a fare il buon marito, ma non riesce a controllarsi, basta una frase e la sua rabbia trattenuta cresce lentamente fino a circondare ogni cosa e a inghiottire la moglie. «Ti do i miei occhi», terzo film della regista e sceneggiatrice spagnola Iciar Bollain, vincitore di sette premi Goya, è duro e coraggioso. La violenza domestica è affrontata nella sua quotidianità, in modo sottile, seguendo il respiro affannato di Pilar che cerca di fuggire e quello di Antonio che non può lasciarla andare a costo di umiliarla, picchiarla, spogliarla. Perché la ama, o almeno così dice lui. Un velo doloroso che si solleva per mostrare cosa succede nell'istante in cui scatta, nella testa di qualcuno, il desiderio di far male. E poi la solitudine che segue. Quando finalmente Pilar si decide ad andare alla polizia, le viene chiesto dove sono i lividi e i segni, lei risponde: «Non si vedono, è tutto dentro».