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The Prisoner

Jim Caviezel si concede un'incursione sul piccolo schermo per riportare in vita Numero Sei, l'indimenticabile personaggio ideato e interpretato da Patrick McGoohan.

The Prisoner (2009)

20.07.2010 - Autore: Ludovica Sanfelice
Si è molto parlato della nuova versione di “The Prisoner”. I fan della storica serie britannica del 1967 non l’hanno presa tutti bene. Hanno scritto che non se ne sentiva il bisogno, che si rischiava di oltraggiare quello che a tutti gli effetti è un cult, che Patrick McGoohan non si batte, e via dicendo.

C’è però sempre il rovescio della medaglia che in questo caso raduna le diverse ragioni per cui vale la pena almeno concedere il beneficio del dubbio e prendersi il disturbo di guardare l’episodio pilota di questa versione aggiornata.

Senza intenzioni di ferire la sensibilità di quanti ogni anno si recano in pellegrinaggio in Gran Bretagna in cerca del Village, l’idea di riportare “Il Prigioniero” in tv è piuttosto naturale.

Da anni gli Studios stavano pensando ad un adattamento per il grande schermo - per la regia si era fatto addirittura il nome di Christopher Nolan -, ma l’affare a quanto pare è saltato e ha prevalso l’efficacia della forma seriale.

L’operazione, come un messaggio affidato alla bottiglia, si rivolge soprattutto alle nuove generazioni e recapita loro storie che altrimenti potrebbero non conoscere mai. Intendiamoci, non è che l’industria americana sia animata da intenzioni pedagogiche, ogni progetto è ovviamente legato ad una capitalizzazione economica, ma tra gli effetti positivi si registra anche il rilancio sul mercato delle vecchie serie originali che ricominciano a circolare.

“The Prisoner”
, per tornare a noi, ha più di quarant’anni e per quanto meriti di essere ri-proiettata anche sui muri, è irrimediabilmente invecchiata. Nell’estetica più che nei contenuti a dire il vero, quelli restano un faro di avanguardia, una lezione in materia di forte serializzazione, una chiara provocazione, uno spettacolo visionario, una storia ipnotica. Per non parlare della qualità di un’interpretazione capace di imprimersi nell’immaginario. Insomma, rimediatela e guardatela perché è bellissima. Capirete finalmente da chi discendono “Lost”, il sue Progetto Dharma, la potenza drammatica delle cospirazioni, delle manipolazioni, della paranoia, le possibili estensioni del racconto allegorico.

Il nuovo “The Prisoner”, presentato nel corso dell’ultima edizione del Roma Fiction Fest dal protagonista Jim Caviezel, torna a rappresentare quella dimensione claustrofobica adottando la forma di una miniserie di 6 puntate (nell’originale gli episodi erano 17 anche se nelle intenzioni di McGoohan dovevano essere 7) e ri-adattando le atmosfere paranoiche a quelle che sono le paure che minacciano le nostre libertà oggi. Nel pilot lo spettatore viene catapultato in una realtà orwelliana che descrive una società “carceraria” camuffata nei tratti rassicuranti di villette a schiera, di spazi puliti, rigorosamente ordinati e illuminati da un cielo sempre fastidiosamente azzurro.

Tutto è sotto controllo ed è proprio questo a seminare disagio, a suggerire senza troppi giri di parole l’ombra della manipolazione. L’ambientazione appare aperta e i grand’angoli permettono all’occhio di correre lungo le dune desertiche che costeggiano Il Villaggio ma la libertà di esplorarlo si limita a questo perché un rigido sistema di controllo viene segretamente esercitato su ogni individuo che abita qui. Attraverso una struttura ellittica in cui si conficcano schegge della memoria del Numero Sei scopriamo subito che il protagonista è in trappola e che un ambiguo personaggio chiamato Numero Due (Ian McKellen) ha il compito di fargli da carceriere.

Il resto? Su FX a partire dal 22 luglio ogni giovedì alle 23:00.
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