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The king

Esce venerdì nelle sale "The king" un film che possiede un fascino tutto particolare, densissimo nell'atmosfera e lo stesso capace di restituire allo spettatore tutto il parossismo e la follia della vicenda narrata

THE KING

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Id., Usa, 2005
Regia di James Marsh;
con Gael Garcìa Bernal, William Hurt, Laura Harring, Pell James


Appena dimesso dalla marina americana, il giovane Elvis (Gael Garcìa Bernal) si mette alla ricerca di suo padre, che non ha mai conosciuto; quando riesce a trovarelo, scopre che David (William Hurt) è  un patore religioso, ed ha già una famiglia che sta educando secondo i più ferrei dettami del suo credo. L’ìincontro tra i due è piuttosto burrascoso: David ha deciso di cancellare dalla sua vita il suo passato di peccatore, e non permette ad Elvis di avvicinarsi ai suoi cari. Sua figlia Majore (Pell James) però rimane affascinata dal giovane, di cui non conosce la vera identità. Deciso a rivendicare il suo posto accanto al proprio padre, Elvis tenterà con ogni mezzo di conquistare l’affetto del genitore ed un posto all’interno del suo universo…

Gran parte del merito della realizzazione di questo spiazzante melodramma familiare è senza dubbio dello sceneggiatore e produttore Milo Addica, che già aveva dato prova delle sue capacità drammatiche in “Monster’s Ball” (id., 2001), con cui aveva sfiorato l’Oscar per il miglior script originale. Come in quel film, anche in “The King” viene costruito un universo “chiuso”, in cui vivono persone incapaci di vedere oltre la propria vita e decise a tutto pur di mantenerla inalterata. Il senso di spiazzamento in questo caso viene poi accentuato dall’interessante idea di messa in scena di James Marsh, che avvolge i personaggi in una dimensione “raggelata”, in cui l’azione è ridotta al minimo oppure addirittura tenuta fuori campo. Quello che ne viene fuori è un film che possiede un fascino tutto particolare, densissimo nell’atmosfera e lo stesso capace di restituire allo spettatore tutto il parossismo e la follia della vicenda narrata. Altro grosso pregio della sceneggiatura di Addica – scritta a a quattro mani con lo stesso regista – è quella di aver scritto delle figure di fortissima ambiguità, in cui il lato umano e quello più decisamente ipocrita o criminale si fondono con precisione: dal ruolo di Elvis a quello di David, interpretato da un William Hurt in gran forma, tutte le figure che vengono raccontate possiedono una loro innocenza, ed insieme una meschinità piuttosto realistiche e sconcertanti.

The King” è dunque un’opera che tende a spiazzare lo spettatore, a non cosentirgli quasi mai di mettersi a asuo agio e di guardare il film in comodità: preferisce invece inquietarlo, stuzzicarlo con degli interrogativi, non concedergli appigli attraverso cui empatizzare con quanto vede sullo schermo. Sotto questo punto di vista, l’opera è decisamente riuscita; una maggiore precisione in alcuni snodi narrativi forse non avrebbe guastato, ma il risultato finale alla fine non risente più di tanto di queste lievi incongruenze. Freddissimo al limite della rarefazione, il lungometraggio di Marsh è destinato a far discutere, cosa che quasi mai è un difetto.