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The final cut

Il film esordio del regista Omar Naim con un cast di prestigio (Robin Williams, Mira Sorvino, Jim Caviezel) non convince del tutto

THE FINAL CUT

12.04.2007 - Autore: Giulia Villoresi
Regia: Omar Naim
Con: Robin Williams, Mira Sorvino, Jim Caviezel

In un ipotetico ma non specificato futuro la multinazionale della Zoe Tech mette a disposizione dei cittadini più abbienti un avveniristico microchip. Si tratta di un impianto che viene istallato ai bambini ancora nel feto in grado di registrare come una telecamera, attraverso gli occhi, l’intera vita di una persona. Dopo la morte il microchip viene affidato ad un cosiddetto ‘montatore’ che selezionerà i momenti più significativi, li accompagnerà con della buona musica e proietterà il Rememory durante i funerali, come somma commemorazione del defunto.
Alan Hackman (Robin Williams) è il miglior montatore sul mercato. Tutti lo vogliono perché oltre a saper scegliere con grande intuito i momenti migliori, sa dimenticare quelli peggiori senza lasciarsi coinvolgere. Ma un giorno, mentre sta montando il Rememory di un alto funzionario della Zoe Tech, scopre qualcosa che lo riguarda da molto vicino, e un senso di colpa seppellito nella memoria riaffiora in superficie portandolo a compiere frenetiche ricerche.
The Final Cut è il film esordio del regista Omar Naim, che coltivava questo progetto fin dai tempi del college. Non resta che chiedersi come sia riuscito, in così tanto tempo e con così tanta dedizione, a portare a termine un film così sciatto. Un film di fantascienza che manca completamente sia di fantasia che di scienza, un film ignorante e arbitrario che osa toccare temi come quelli del cervello e delle manipolazione della memoria trascurando candidamente bioetica e neurologia. Non c’è ambientazione, non c’è trama, manca la cognizione del soggetto, i personaggi sembrano burattini senza scopo, privi di energia e di significato, gli spunti più interessanti sono tutti sprecati, il messaggio del film è discutibile e confuso.
Naim racconta frammenti di vita dividendo tutto in buono e cattivo, e il suo manicheismo è oltretutto banale. Non c’è alcuno sforzo di immaginare una realtà diversa, una società futuribile, un nuovo orizzonte tecnologico. Non si può fare un film con un’unica idea. Il risultato è un pasticcio infantile e irrispettoso verso il genere della fantascienza.