Prima di Loro e della riflessione sull'intreccio tra sesso e politica nella Seconda Repubblica, Paolo Sorrentino aveva raccontato la figura chiave della Prima Repubblica. Ovvero Giulio Andreotti, sette volte presidente del consiglio e nome di punta della Democrazia Cristiana. Sorrentino usa il suo stile surreale e spiazzante per raccontare con grande energia un periodo della storia politica italiana che sembra, oggi, più che mai lontano. Il Divo verrà trasmesso oggi da Rai Movie in prima serata: ecco perché non dovete perderlo...
Il film. A Roma, all'alba, quando tutti dormono, c'è un uomo che non dorme. Quell'uomo si chiama Giulio Andreotti. Non dorme perché deve lavorare, scrivere libri, fare vita mondana e, in ultima analisi, pregare. Pacato, sornione, imperscrutabile, Andreotti è il potere in Italia da quattro decenni. Agli inizi degli anni novanta, senza arroganza e senza umiltà, immobile e sussurrante, ambiguo e rassicurante, avanza inarrestabile verso il settimo mandato come Presidente del Consiglio. Alla soglia dei settant'anni, Andreotti è un gerontocrate che, equipaggiato come Dio, non teme nessuno e non sa cosa sia il timore reverenziale. Abituato com'è a vedere questo timore dipinto sul viso di tutti i suoi interlocutori. La sua contentezza è asciutta ed impalpabile. La sua contentezza è il potere. Col quale vive in simbiosi. Un potere come piace a lui, fermo ed immutabile da sempre. Dove tutto, battaglie elettorali, stragi terroristiche, accuse infamanti, gli scivola addosso negli anni senza lasciare traccia. Lui resta insensibile ed uguale a se stesso di fronte a tutto. Fino a quando il contropotere più forte di questo paese, la Mafia, decide di dichiarargli guerra. Allora le cose cambiano. Anche, forse, per l'inossidabile, enigmatico Andreotti.
Dietro le quinte. Come nel caso del Berlusconi di Loro, a interpretare Andreotti, Sorrentino sceglie il suo attore feticcio, Toni Servillo. Nel film, Andreotti somiglia molto a Nosferatu, specialmente quando entra in scena la prima volta. Sorrentino ha ammesso di aver cercato, inizialmente, di evitare i paralleli. “Poi in realtà, quando sono andato a incontrare Andreotti, tutte le persiane erano chiuse e ho cominciato a pensare che forse davvero il senatore cammina sempre in penombra”. Andreotti stesso vide il film in anteprima a una proiezione privata, definendolo poi “molto cattivo”, “una mascalzonata, direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto”. “Andreotti ha reagito in modo stizzito e questo è un buon risultato”, commentò il regista, “perché di solito lui è impassibile di fronte a ogni avvenimento. La reazione mi conforta e mi conferma la forza del cinema rispetto ad altri strumenti critici della realtà”.
Perché vederlo. Perché riflette su un periodo complesso e a tratti sinistro della storia italiana. Ma lo fa con enorme stile e senso dell'intrattenimento.
La scena da antologia. La squadra di Andreotti viene presentata con una serie di didascalie in stile poliziesco.
I premi. Una valanga. Ne citiamo alcuni: premio della giuria a Cannes; sette David di Donatello (tra cui miglior attore protagonista a Servillo, attrice protagonista a Piera Degli Esposti e fotografia a Luca Bigazzi); quattro Nastri d'Argento; cinque Ciak d'Oro; un Globo d'Oro alla miglior sceneggiatura; sette premi al Bari International Film Festival nel 2009. Ha ricevuto anche una nomination all'Oscar per il trucco.
Dove e quando. Su Rai Movie (canale 24) alle 21:10.