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Pulp Mocku Fiction

Osannato dalla critica, boicottato dalla grande distribuzione, esplode il mockumentary fanta-politico: un genere che sta conoscendo una grande risonanza dopo aver sparato proiettili di celluloide contro Bush, Berlusconi, Blair e Bill Gates

Death of a President - Morte di un presidente

12.04.2007 - Autore: Loredana Menghi
  Approdato alla fanta-politica, il genere sta diventando il caso delle ultime stagioni cinematografiche, analizzando lo scenario internazionale sotto un punto di vista diverso da quello intentato da film come Syriana (2005), o The Road to Guantanamo  (2006) o dai documentari di Michel Moore.

Questi mockumentaries descrivono un’ipotetica realtà aprendo scenari inquietanti, offrendo molteplici spunti di riflessione sulla società del futuro e sul ruolo dell’informazione stessa, ponendo interrogativi sulla manipolazione dei fatti da parte dei Media.  

Se Borat - Studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan (2006) di Larry Charles, dissacrante mix di falso reportage in cui satira politica e sociale si fondono con comportamenti "politically uncorrect”, è diventato un fenomeno di costume, Death of President sta incontrando un ostracismo molto forte. Il finto documentario di Gabriel Range, da poco uscito in Italia, paventa l’ipotetica morte di George W.Bush in data 19 ottobre 2007  a Chicago, per mano di un padre americano che ha perso il figlio in Iraq. Succede al 43° capo della Casa Bianca Dick Cheney, istaurando un clima da caccia alle streghe: un film scottante, che pone l’accento sui pericoli per la democrazia causati dalla strategia del terrore, incredibile per la veridicità delle ricostruzioni, osteggiato in fase di distribuzione, nonostante il coraggio della Lucky Red, che l’ha deciso di promuoverlo. 90 le copie destinate al mercato americano (il minimo previsto sono 250); in Italia, il 20% delle sale si è rifiutata di proiettare la pellicola, in seguito alle polemiche).

Stessa sorte per Shotting Silvio, “a metà tra il thriller e la commedia brillante con finale amaro”, racconta il regista Berardo Carboni, “ma anche un documentario sull’ex premier, realizzato con immagini di repertorio montate ‘alla blob’, né su o contro Berlusconi”. Girato in minidv, ripercorre le tappe del disegno omicida di un giovane ricco e annoiato. Interpretato dal giornalista Marco Travaglio, da Alessandro Haber e Remo Remotti, dopo un tormentato iter distributivo, è stato presentato il 3 marzo scorso a Bologna. La prima nella capitale è prevista il 22 aprile al cinema De Tour. Definito da Richard Corliss del Time “meticolosamente devastante”, The prisoners or: How I Planned To Kill Tony Blair di Petra Epperlein e Michael Tucker (inedito in l’Italia), è la storia di un cittadino iracheno che, privato della sua famiglia dalle milizie americane a Baghdad, sottoposto a torture che ricordano i fatti di Abu Ghraib, decide di estirpare il male alla radice, uccidendo il leader britannico.

Ad inaugurare la cronaca di questi omicidi eccellenti, però, è stato non un politico, ma il padre della new economy, Bill Gates, “assassinato” nel ‘99 a Los Angeles da un afro-americano, in Notingh So Strange (1999) di Brian Flemming; pretesto per analizzare le ripercussioni dell’evento sull’economia americana. Distribuito esclusivamente su Internet, il film è stato promosso attraverso una rete di siti seguita dalla Haxan Films, famosa per aver aperto il caso di un altro famoso mockumentary, The Blair Witch Project (1999).  L’uso della fiction in chiave realistica non è una novità. Si riscontra, addirittura, ne La sortie des usines Lumière, girato da L. Lumière nel 1895. Precursore dei mockumentaries fu The War Game (1966) di Peter Watkins per la BBC, sugli effetti delle esplosioni atomiche, che sebbene fosse un falso, vinse il premio Oscar come miglior documentario nel ‘67. Il vero ispiratore del genere, però, fu Orson Wells, tanto bravo nell’ormai celebre trasmissione della CBS Radio Days - La guerra dei mondi (1937) a ricostruire lo sbarco alieno, che mandò nel panico l’intera popolazione di New York, consacrando così “il mito” alla leggenda.
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