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Proof

L'indiscutibile qualità della confezione; l'accuratezza di Madden nella direzione di un trittico di attori dalle potenzialità suggestive; il meccanismo di una storia che vira sensibilmente verso il melodramma

proof

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Usa, 2005
Di John Madden; con Gwyneth Paltrow, Jake Gyllenhaal e Anthony Hopkins

La giovane Catherine (Gwyneth Paltrow) ha passato gli ultimi anni della sua vita a Chicago ad accudire il padre Robert (Anthony Hopkins), genio della matematica affetto da una forma devastante di schizofrenia. Per amore paterno la ragazza ha rinunciato a tutto, soprattutto a provare a seguire le orme del genitore nel campo delle scienze matematiche. Alla morte di Robert la ragazza si ritrova quindi con il dolore della perdita, con il rimorso per non aver continuato gli studi e soprattutto con la paura di essere affetta dalla stessa malattia del padre. A peggiorare la profonda crisi di Catherine si aggiungono poi l’arrivo della sorella maggiore Claire (Hope Davis), decisa a portarla a vivere con lei a New York per prendersi cura di lei, e soprattutto la comparsa nella sua vita di Hal (Jake Gyllenhaal), un altro giovane matematico interessato sia a lei che al lavoro di suo padre. La situazione si complica quando viene ritrovato in casa un quaderno che dimostra una nuova e dirompente formula matematica: ma si tratta del testamento spirituale del grande genio o del lavoro oscuro ed appassionato di sua figlia?

L’indiscutibile qualità della confezione; l’accuratezza di Madden nella direzione di un trittico di attori dalle potenzialità decisamente suggestive; il meccanismo infine di una storia che vira sensibilmente verso il melodramma: questi gli elementi che concorrono a fare in modo che “Proof” non possa essere del tutto stroncato. Opera interessante nelle premesse ed intensa nella suggestione patetica di più di una scena, il film possiede una discreta dose di eleganza e fascino, dovuti soprattutto al magnetismo di una Gwyneth Paltrow tornata finalmente ad un ruolo a lei confacente; anche la naturale simpatia di Jake Gyllenhaal aiuta e non poco la pellicola, mentre l’istrionismo di Anthony Hopkins inizia a risultare stridulo. Tutta l’operazione/”Proof” soffre però di un sovraccarico di informazioni: all’interno della storia vengono immessi tutta una serie di sottotesti che caricano in maniera spropositata un’opera che non è in grado di sostenerli tutti con coerenza: ne viene fuori così un lungometraggio che alla fine sembra non avere un centro tematico ben preciso, e ruota intorno ad una serie di intuizioni mai del tutto focalizzate con precisione; anche se alla fine ci si lascia coinvolgere nelle vicende dei personaggi messi in scena, per tutta la durata de film si ha la costante e fastidiosa sensazione di non riuscire a comprendere precisamente di cosa parli questa pellicola. Rimangono di “Proof” tutta una serie di qualità filmiche a drammatiche, che regalano alla pellicola lo smalto della confezione hollywoodiana capace di intrattenere con discreta intelligenza; purtroppo il vago sentore di vacuità pervade questo film, impedendogli di inserirsi con efficacia nella mente dello spettatore.
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