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Professione difficile
Federica Bonanni ci parla del perchè della sua scelta.

12.04.2007 - Autore: Teresa Manuela Plati
Cosa le è scattato dentro da portarla verso una professione difficile e che richiede di stare sempre al centro dell\'attenzione, sempre al massimo?
F.B. Non so se bisogna essere sempre al massimo, onestamente. Non parlo della televisione in senso stretto, ma in generale della recitazione.
Di questo lavoro mi piace l\'idea di raccontare delle storie.
Lo si può fare scrivendo un libro, un film, della musica, delle poesie stando dietro le quinte.
Personalmente, amo essere lo strumento e l\'artefice di una manifestazione creativa come chi recita che è \"vaso e vasaio\" allo stesso tempo. Ho scelto questa forma di espressione che permette di donare tutto: il tuo viso, il tuo corpo, le tue espressioni, le tue pause, gli stati d\'animo, il cuore tutto quello che dovrebbe usare un attore di teatro.
Del resto, sono nata come attrice di prosa. In teatro è così, in televisone i tempi sono diversi.
Da attrice mi adeguo allo strumento e al personaggio cercando però sempre di esprimere tutto di me.
Lei ha abbandonato la facoltà di Ingegneria che, tra l\'altro, aveva intrapreso seguendo le orme di suo padre. Lui come l\'ha presa?
F.B. Benissimo, non è stato neanche troppo diffidente come può capitare quando un figlio propone un progetto diverso da quello della storia familiare. Ha molta fiducia in me, mi stima come persona e mi appoggia dandomi validissimi punti di rifermento nelle mie scelte professionali e di principio pur non conoscendo questo lavoro che è molto lontano dal suo.
Il debutto con le \"Affinità Elettive\". Quali sensazioni ricorda?
F.B. Si trattava della messa in scena della versione integrale delle \"Affinità Elettive\" che non è un romanzo poderoso, per intenderci non è \"Delitto e castigo\" o \"Anna Karenina\". Ma non è neanche un racconto lungo, è un romanzo in tutto e per tutto.
Distribuito in dieci puntate, in teatro si tradusse in una Prima ogni sera, questo comportò l\'impossibilità di migliorare la messa in scena col tempo proprio perché si trattava di episodi diversi.
Quello che ricordo è una grande ansia per dieci debutti, tempi ristretti e la sensazione di buttarsi nel vuoto mancando la sicurezza che dà la replica.
Del cast de \"La Squadra\" un grazie particolare a chi lo deve?
F.B. Praticamente a tutti professionalmente e umanamente. Sono stati adorabili e non mi sento di escludere nessuno.
La Squadra\" si propone come fiction che pone l\'attenzione su diversi temi di attualità. Crede che un format di questo tipo possa sensibilizzare i telespettatori verso gli argomenti che vengono trattati?
F.B. In modo banale, purtroppo. La tv, in generale, adempie ad un\'unica funzione che è quella di intrattenere. La fiction propone dei temi di attualità, ma sempre con una mediazione edulcorata e rassicurante anche perché deve nutrire le persone abbastanza poco da spingerle a pensare il meno possibile, limitandosi appunto ad intrattenerle.
Cosa attende, con ansia, per il futuro?
F.B. Di crescere nel mio lavoro e nella mia vita privata.