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Peter Gabriel
Nel 1975 Gabriel lascia i Genesis. Nella lettera aperta pubblicata sul settimanale Melody Maker motiva la sua decisione con il bisogno "di assorbire una grande varietà di esperienze". Dopo le incertezze iniziali che caratterizzano la sua avventura da solista, Gabriel trova finalmente se stesso...

19.05.2009 - Autore: Michele Alessandrelli
Nel 1975 Gabriel lascia i Genesis. Nella lettera aperta pubblicata sul settimanale Melody Maker motiva la sua decisione con il bisogno di assorbire una grande varietà di esperienze. Dopo le incertezze iniziali che caratterizzano la sua avventura da solista, Gabriel trova finalmente se stesso, musicalmente parlando, con il terzo album (1980), privo di titolo, nome in codice \"Melt\" o \"Melting Face\", prodotto da Steve Lillywhite. \"No Self Control\", lucida ricognizione della follia nel suo insorgere, \"I dont remember\", tabula rasa delle memorie e di quello che si è stati, e \"Games without Frontieres\", scritta per i 43.000 morti nicaraguegni, i brani più belli. Con PG IV (1982), nome in codice \"Security\", siamo senza dubbio davanti al disco di Gabriel più visionario, cupo, sperimentale, contaminato, forse al suo capolavoro. LAfrica tribale irrompe di nuovo sulla scena della musica occidentale dopo aver fatto la sua prima apparizione lanno prima in \"Remain in Light\" dei Talking Heads. Meritano di essere qui ricordati brani come \"The Rhythm of the Heat\", \"San Jacinto\" e \"Wallflower\". A ragione si ritiene questo disco il più importante degli anni ottanta, insieme al su citato \"Remain in Light\", nonostante (o forse grazie a) la sua scarsa presa sul grande pubblico. Ben altra accoglienza riceverà quattro anni dopo (primo assaggio delle grandi attese cui poi ci abituerà) la sua quinta fatica, intitolata \"So\". Primo album battezzato, è anche il primo in cui Gabriel rinuncia alla sperimentazione, quasi a voler suggerire che sperimentare è un po come una perdita di sé. Insieme a Daniel Lanois, grandissimo produttore e braccio destro di Eno, Gabriel concepisce per questo disco suoni densi, quasi gassosi. Grande successo presso il grande pubblico ebbero brani come \"Sledgehammer\" e \"Big Time\". Di notevolissimo profilo musicale restano \"Red Rain\" e \"Mercy Street\". Limpressione è comunque quella di un Gabriel più sicuro di sé, quindi meno ossessionato dalla preoccupazione di sbalordire lascoltatore con soluzioni audaci e innovative. Lennesima dimostrazione, potremmo dire, di come lequilibrio giovi poco allespressione artistica. Con \"Passion\" (1989), colonna sonora dell \"Ultima tentazione di Cristo\" di Martin Scorsese, Gabriel inaugura una nuova etichetta discografica, la Real World, nome degli studios in cui aveva registrato \"So\". Dietro questa etichetta si nasconde uno dei progetti culturali più ambiziosi e felici dei nostri tempi, lesplorazione e la valorizzazione dei suoni e delle tradizioni musicali di tutto il mondo. Si definisce ormai compiutamente la concezione che Gabriel ha del mondo come un universo squisitamente musicale e la sua parte in questo mondo di suoni la recita con \"Us\" (1992) e \"Ovo\" (2000). Per quanto riguarda il primo (prodotto sempre da Lanois), si tratta di un disco molto più intimista e sporco, dal punto di vista sonoro, di \"So\", forse nel complesso più bello. Straordinarie \"Come talk to me\" (solo il deserto può dirci chi siamo) e \"Digging in the Dirt\", (i demoni ci rendono violenti e il solo rimedio è chiedere aiuto).