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Pensare l'errore

Magdalene sisters and brothers siamo noi: quando restiamo vittime di un meccanismo, e piombiamo in una spirale di diffidenza, vendetta e terrore.

magdalene

09.09.2002 - Autore: Luca Muscarà
Nel nostro mondo il pensiero diffuso pare ancora improntato alla paura delle differenze e ad una concezione semplificata all\'estremo dei rapporti sociali, dove continua a prevalere la logica tribale dell\'occhio per occhio. Che la soluzione istituzionale sia quella dell\'annientamento delle differenze, attraverso guerre \"sante\", bombardamenti \"umanitari\", o deterrenze globali, o si manifesti in una logica di demarcazione della divisione tra sé e gli altri attraverso istituzioni, mura e luoghi chiusi preposti ad attuare il controllo dei comportamenti a partire da quello spaziale: carceri, manicomi, riformatori, istituti di correzione, nosocomi vari, il primo grande errore qui sembra quello di voler affermare la propria identità a spese degli altri.   Così, che queste istituzioni siano gestite da organizzazioni religiose o laiche, preposte istituzionalmente alla soluzione sociale dell\'errore, risulta secondario. Nell\'artificialità di una simile segregazione non c\'è da stupirsi che vittime e carcerieri dopo un po\' inizino a somigliarsi. Gli esseri umani resistono naturalmente all\'essere omogeneizzati, ma una volta all\'interno dell\'istituzione, tra la paura del mondo e l\'alienazione da se stessi, nell\'isolamento coatto e nell\'assenza di amore, l\'essere umano concepisce la differenza solo in termini antagonistici e mai come una risorsa, e tanto meno potrà praticare un perdono anche laico, perché prigioniero di una malsana coazione a ripetere imposta dall\'istituzione. L\'errore che riguarda tutti, è qui proprio quello di cadere prigionieri del meccanismo stesso di cui si è partecipi, vittime dell\'avidità o dell\'invidia, dell\'ignoranza o della presunzione, del sadismo o del masochismo, fino a commettere le peggiori nefandezze, in nome dei più alti ideali, dei migliori discorsi o dei più limpidi profeti. Ecco il paradosso di istituzioni umane che nel tentativo di correggere un errore arrivano a industrializzarne uno ben peggiore.   E\' questo solo un problema dovuto alla reclusione, all\'isolamento? O è un attributo necessario di ogni esercizio di potere? Se errare è umano, l\'errore individuale può diventare tremendo se anziché accadere in un periferico convento - remota isola interna a un\'altra isola europea - chi lo commette si trovi ad occupare una posizione di potere istituzionale, che consenta di moltiplicare ed amplificare l\'errore individuale all\'intera collettività, in una prospettiva che, alla luce dell\'odierno scenario geopolitico non può non risultare sempre più inquietante.   Magdalene sisters and brothers siamo noi: quando restiamo vittime di un meccanismo, e piombiamo in una spirale di diffidenza, vendetta e terrore. E\' la stessa spirale che attanaglia oggi Israeliani e Palestinesi, piuttosto che un manipolo di veterani afgani contro quanti rappresentano in America gli eredi di un mondo esemplificato dal voltafaccia della CIA agli Afgani dopo la guerra con l\'Unione Sovietica ? E\' possibile che la paura della differenze umane continui a porre così tanto a rischio l\'identità degli individui e la sopravvivenza dei gruppi, da giustificare ancora il permanere della logica banalmente estrema dell\'occhio per occhio, dente per dente?   A questa domanda sul piano sociale, Buñuel aveva quasi basaglianamente risposto già nel 1974 con \"Il fantasma della libertà\", nella rappresentazione di una pubblica condanna pronunciata da un legittimo tribunale che lasciva libero e senza punizione un omicida plurimo che aveva seccato con un\'arma di precisione venti persone dall\'alto della Tour Montparnasse. Vero cortocircuito logico ghandiano, che appare ora terribilmente profetico anche per il suo svolgersi in una Torre, che raddoppiata e rovesciata dall\'11 settembre 2001, trionfa oggi anche alla Biennale dell\'Architettura, tra bellissimi e prometeici modelli di grattacieli in mostra all\'Arsenale e il \"beam\" di acciaio bruciato e ritorto, simbolica reliquia delle Twin Towers, posta innanzi al padiglione degli Stati Uniti ai Giardini.  
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