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New Liberal Hollywood

Se Clooney può a buon diritto essere riconosciuto come uno degli attori facenti parte dell'ala 'liberal' di Hollywood di certo non è l'unico

Syriana

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Il 2005 è stato sicuramente l’anno della consacrazione artistica di George Clooney, che con due opere fortemente impegnate a livello sia politico che civile come “Syriana” e “Good Night, and Good Luck” si è imposto come una delle star maggiormente impegnate.

Se Clooney può a buon diritto essere riconosciuto come uno degli attori facenti parte dell’ala “liberal” di Hollywood di certo non è l’unico. Negli ultimi anni si è assistito infatti ad una sincera e perentoria presa di posizione dell’establishment dello spettacolo nei confronti della politica americana, sia interna che internazionale: molti attori si sono apertamente schierati contro il governo ed hanno pagato con un sotterraneo ma papabile ostracismo le loro convinzioni - vedi ad esempio la vicenda del talentuoso ma poco valorizzato Woody Harrelson. Il caso più eclatante rimane quello della coppia Susan Sarandon/Tim Robbins, che dopo aver adoperato il palcoscenico della notte degli Oscar per protestare contro l’intervento di George Bush Sr. in Iraq – si era all’epoca della prima “guerra del Golfo”-, non furono invitati per anni alle successive manifestazioni, e trovarono non poche difficoltà nel ottenere contratti e scritture in pellicole di produzione delle Major. In un certo qual modo la “riabilitazione” dei due avvenne nel 1996, quando un film diretto da Tim Robbins, quel “Dead Man Walking” (id., 1995) che si schierava apertamente contro la pena di morte ancora vigente in molti stati americani, otteneva quattro nomination “pesanti” agli Oscar, regalando addirittura alla Sarandon la statuetta come miglior attrice. Una delle quattro candidature andò allora al co-protagonista Sean Penn, colui che nel corso degli ultimi anni può essere considerato l’attore maggiormente impegnato nelle lotte politico-sociali, ed apertamente schierato contro l’interventismo americano in Medio Oriente. E’ molto curioso notare come sia Penn che Robbins hanno ottenuto il loro unico Oscar per il bellissimo “Mystic River” (id., 2003), capolavoro diretto da quel Clint Eastwood che per generazioni è stato ritenuto (in maniera forse troppo semplicistica) uno degli alfieri dello schieramento più conservatore della “Mecca del cinema”. 

La tradizione di esplicito impegno politico da parte delle star hollywoodiane vede probabilmente la sua esplosione a cavallo tra gli anni ’60 ed il decennio successivo, quando le tensioni sociali interne e gli equilibri internazionali aumentarono considerevolmente la loro pressione sull’opinione pubblica. I due attori considerati i massimi esponenti “liberal” di Hollywood sono stati senza dubbio Jane Fonda e Robert Redford: incrociando spesso la propria carriera con quella di un regista impegnato come Sidney Pollack, i due hanno potuto proporre al pubblico opere profondamente “politiche” e non conciliate come “Non si uccidono così anche i cavalli?” (They Shoot Horses, don’t They?, 1969), “Il cavaliere elettrico” (The Eletric Horseman, 1973) e soprattutto “I tre giorni del condor” (Three Days of the Condor, 1975).

In questo brevissimo excursus nella recente storia del cinema hollywoodiano più “liberal”abbiamo provato a segnalare come, anche in un’industria principalmente rivolta allo spettacolo ed all’intrattenimento, vi siano cineasti e star attente a raccontare l pubblico le contraddizioni politiche, sociali ed economiche della realtà contemporanea.