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My summer of love

Il regista Pawel Pawlikovski dedica il suo film alla capacità di "bramare", di desiderare ardentemente qualcosa, affrontando temi eterni come l'adolescenza e l'amore, il cambiamento e le scelte esistenziali radicali

MY SUMMER OF LOVE

12.04.2007 - Autore: Michela Saputi
Di Pawel Pawlikowski
con Nathalie Press e Emily Blunt

Un’estate d’amore può trasportare lontano, fuori dal mondo, e come un’iniziazione può cambiare una vita.
L’estate d’amore di Mona (Nathalie Press) è amara, graffiante, segnata dall’inevitabile incontro con Tasmin, una figura che gioca a manipolare le persone.

Sullo sfondo lo Yorkshire dell’ovest, tra il vuoto post industriale ed una natura stupefacente di montagne e brughiere arcaiche,  evoca l’atmosfera trascendentale ed indefinita di un luogo  mentale prima che fisico. Il confine, la frontiera, dove inscenare lo scontro tra l’adolescenza, la libertà sognata e la comunità chiusa e rigida, dominata da una setta di cristiani rinati che ha convinto il fratello di Mona, Phil (Paddy Considine), dopo un passato tormentato, a chiudere il pub dei genitori scomparsi per costruire un centro di preghiera e rimettere la sua anima a Dio.

Mona si ritrova sola a rifiutare un mondo che vuole cancellare le passioni, che sa nascondersi tracciando linee nette tra bene e male, e allora meglio schierarsi fuori, con tutto l’impeto dei suoi 16 anni. Quando incontra Tasmin (Emily Blunt), ricca e trasgressiva, riconosce in lei l’anima con cui condividere un amore ossessivo, assoluto, puro quanto malefico per il resto della comunità, che ha bisogno di salvarsi dal peccato.

Il regista Pawel Pawlikovski dedica il suo film alla capacità di “bramare”, di desiderare ardentemente qualcosa, affrontando temi eterni come l’adolescenza e l’amore, il cambiamento e le scelte esistenziali radicali.

Emozioni forti e complesse, corporeità ed erotismo sublimati dall’intensità dei personaggi, seguiti da una regia che privilegia la camera a mano, la sospensione dei tempi, lo slittamento allusivo dei piani, l’imprevedibilità della vita vissuta e l’improvvisazione, rivelando la bravura delle due giovani protagoniste.

Resta la sensazione di fondo di un vuoto esistenziale, il ricordo della assenza di verità affermative, di propositi risolutivi. Nessuna consolazione per lo spettatore, solo l’inquietudine della libertà.