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My little eye

"My Little Eye" possiede alcune qualità: una buona resa fotografica del digitale, soprattutto nelle scene al buio; una bella ambientazione interna, la casa, ed alcuni momenti di tensione piuttosto ben congegnati.

My little eye

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
(Id., Usa, 2003) di Marc Evans; con Jennifer Sky, Stephen O'Reilly, Laura Regan, Sean CW Johnson, Kris Lemche.   Cinque giovani decidono di partecipare ad un gioco via internet. Dovranno rimanere chiusi per sei mesi in una casa isolata dal resto del mondo, ma completamente sorvegliata dalle telecamere situate in essa. Se nessuno dei cinque ragazzi abbandonerà la casa prima del termine fissato, tutti vinceranno un milione di dollari. Anche se diversi per età, cultura, esperienze di vita e personalità, i cinque protagonisti del gioco riescono ad ambientarsi e a convivere piuttosto pacificamente. Per cinque mesi e tre settimane infatti tutto fila per il verso giusto. Proprio all'inizio dell'ultima settimana però iniziano ad accadere strani ed inquietanti eventi, che minano la sicurezza dei giovani e scatenano le loro paure più profonde. Gli ultimi sette giorni nella casa si riveleranno allora un vero e proprio incubo.   "My Little Eye" possiede alcune qualità: una buona resa fotografica del digitale, soprattutto nelle scene al buio; una bella ambientazione interna, la casa, ed alcuni momenti di tensione piuttosto ben congegnati. Detto di questi pochi pregi, vogliamo subito precisare che il film di Marc Evans è per il resto assolutamente detestabile. Thriller dalle premesse incredibilmente assurde, troppo improbabili anche per chi volesse stare al gioco senza pensarci su, il film si sbrodola via via in una trama incoerente e frammentata, fino allo scioglimento finale che altro non provoca che inevitabile riso. Ma questo non sarebbe poi una grande novità in un sotto-prodotto del genere: avremmo potuto d'altronde tranquillamente ignorarlo, e passare a lungometraggi di serie A. Quello che invece ci preme sottolineare, e che rende "My Little Eye" un'opera non soltanto mal riuscita, ma addirittura sgradevole, è la compiaciuta e ripetuta violenza delle scene finali, un susseguirsi di momenti che ben presto scivolano nel gore senza che ve ne sia stato alcun bisogno, o senza che la matrice stilistica del film abbia in precedenza annunciato in qualche modo questo cambiamento di tendenza. La pellicola diventa così un campionario gratuito e fuorviante, che in parte vorrebbe appoggiare il colpo di scena finale, che si rivela ben presto un artificio narrativo insulso ed inutile. Quando ben altri film hanno messo in scena momenti di violenza anche più forti di quelli presenti in questo prodotto, ma hanno sostenuto tale scelta con un discorso teorico o un impianto estetico coerenti e precisi, allora tale scelta ha senz'altro avuto un senso; in questo caso purtroppo non possiamo che limitarci a prendere atto del cattivo gusto di chi ha ideato, prodotto e diretto questo lungometraggio, apparente sberleffo e ridondante critica alla fagocitazione del mezzo televisivo sullo spettatore, in realtà innocuo (ed insincero) B-movie per adolescenti confusi. Perdetevelo, che è meglio.