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Musikanten

Franco Battiato è uscito di senno

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12.04.2007 - Autore: Giulia Villoresi
Franco Battiato è uscito di senno. Oppure Manlio Sgalambro lo ha rapito e lo tiene sotto ipnosi in uno scantinato. Magari il suo filosofo di fiducia è una specie di Wanna Marchi. Magari questo film è un disperato grido d’aiuto.

Se invece vogliamo fare le persone serie, allora tocca arrabbiarsi. Sì perché Franco Battiato si è permesso non solo di fare un film come Musikanten, ma anche di deliberare contro chi non ha gradito. E attenzione, non stiamo parlando di un film controverso. Stiamo parlando di un arrogante delirio senza capo né coda.

Ecco la trama: Marta (Sonia Bergamasco) è la curatrice di un programma televisivo e insieme a Nicola (Fabrizio Gifuni) viaggia per l’Europa alla ricerca di filosofi, fisici e astronomi di nicchia. Prendendo spunto da un sogno ricorrente che la vede musicista e germanofona, Marta sospetta di essere in contatto con Ludwig van Beethoven. Si sottopone quindi a un esperimento di ipnosi regressiva, che la condurrà alla ragionevole ipotesi di essere stata, in una vita precedente, un ricco mecenate amico di Beethoven. Ecco quindi gli ultimi anni di vita del grande compositore, interpretato da Jodorowsky. Uscita dall’ipnosi, la Bergamasco scoprirà che nel frattempo c’è stato un colpo di stato globale.

Che dire. Il film non ha alcun rispetto del cinema. Un messaggio incomprensibile, tetro, parossistico, volutamente indecifrabile, privo di amore per l’immagine, per la bellezza e soprattutto per il pubblico.

“Io sono uno che lavora per l’elite.” -  dice il regista, piuttosto innervosito dalle risate del Palagalileo. – “Queste sono le risate isteriche di chi sa di non sapere”- procede con spirito socratico. Qualcuno sussurra con modestia: - “…ma forse non lo abbiamo capito” - . Sicchè a Venezia un certo mistero comincia ad avvolgere il film. Ma come diceva Hemingway, l’incompetenza non è un mistero; se un uomo si esprime con sufficiente chiarezza, chiunque può vedere se imbroglia. Invece Battiato fa il gioco sporco, popola il suo film di gente che deve “entrare in contatto con l’alluce sinistro”, ci informa che “è nell’ordine delle cose sognare Beethoven”, ci mette in guardia da un imminente dittatura mondiale, riempie il suo film di insolenti quanto noiose citazioni. Come dice uno dei simpatici personaggi del suo film, “ne sarebbe stato contento Wittgenstein”. Giusto lui.

Fare un film come Musikanten è un delitto, perché qualcuno, in qualche modo, se lo farà piacere, e dimenticherà qual è lo scopo e la vera bellezza del cinema.

Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni, i tanto decantati attori italiani, fanno pena. E probabilmente non per colpa loro. Gifuni, che coi capelli lunghi e l’orecchino sembra Piero Pelù, è addirittura imbarazzante da guardare. Unici pregi del film, i due minuti dedicati al comico Antonio Rezza e alcuni frammenti della vita di Beethoven, che ad ogni modo ricordano sinistramente l’Amata Immortale di Bernard Rose. Ma quando in conferenza stampa qualcuno domanda a Battiato se si è ispirato a qualche altro film, il regista replica: - “Preferirei non rispondere a questa domanda.” – lasciando cadere un silenzio gravido di considerazioni.

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