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Marlene

Chissà che cosa ne avrebbe pensato lei, di tornare sullo schermo. Lei che negli ultimi, infelici anni della sua esistenza a Parigi rifiutava perfino di farsi fotografare.

Marlene Dietrich

12.04.2007 - Autore: Luigi Massi
Chissà che cosa ne avrebbe pensato lei, di tornare sullo schermo. Lei che negli ultimi, infelici anni della sua esistenza a Parigi rifiutava perfino di farsi fotografare. Sì, perché sembra proprio che limpresa di far tornare langelo azzurro a recitare, grazie ai miracoli della computergrafica e dellanimazione digitale, stia per riuscire alla Virtual Celebrity Production di Londra, uno studio cui il nipote dellattrice, Peter Riva, ha ceduto i diritti di utilizzo dellimmagine. Da icona del cinema classico a testimonial pubblicitario, ce ne corre. Eppure era proprio grazie alla sua immagine, alla sua carica sexy, alla sua figura algida e incantatrice che Marlene era stata notata e si era imposta al mondo dello spettacolo. Unavventura nata nei primi anni 20, quando lattrice tedesca, più per necessità che per consapevole convinzione artistica, frequenta i tabarin e i cafè chantant della Berlino del dopoguerra: è brava, bella, anche trasgressiva rispetto ai tempi. Ma si capisce subito che lambiente le sta stretto. Nonostante le parti in teatro, che non le mancano, (aveva frequentato la compagnia di Max Reinhardt), è per il grande schermo che Marlene si sente portata. Nel frattempo si è già sposata con Rudolf Sieber ed ha una figlia, ma è fortunata ad incontrare quasi subito, nel 1929, Joseph Von Sternberg, che la lancerà verso il successo con Langelo azzurro (1930) e con i sei film successivi girati a Hollywood: \"Marocco\", \"Disonorata\", \"Shanghai express\", \"Venere Bionda\", \"Limperatrice Caterina\" e \"Capriccio spagnolo\". Sono i film che la consacrano e, se vogliamo, la relegano al personaggio della donna fatale, al ruolo che non sempre le piaceva di icona del fascino femminile e di anti-eroina sexy. Con la seconda guerra mondiale alle porte, in pieno delirio nazista, diventa cittadina americana, e decide di seguire le truppe alleate in missione con i suoi strepitosi concerti, tanto per ribadire lestraneità alle accuse di filo-nazismo che da più parti, invidiose, le erano state mosse. Una scelta di campo coraggiosa, che però le procurò linimicizia di una parte del pubblico tedesco, davanti al quale, infatti, poté tornare ad esibirsi solo nel 1960. Gli anni del dopoguerra segnano una rinascita artistica e la voglia di farsi apprezzare come attrice a tutto tondo: subissata di richieste da ogni parte, lavora con registi famosi e in ruoli eclettici (Kramer in \"Vincitori e vinti\", Welles ne \"L\'Infernale Quinlan\", Hitchcock in \"Testimone daccusa\" e \"Paura in palcoscenico\", Wilder in \"Scandalo internazionale\"). Ormai non deve dimostrare più nulla, né a sé stessa né agli altri. Ma la spirale della depressione e dellinvecchiamento, a partire dagli anni 70, si accaniscono su questa donna dalla grande personalità eppure molto fragile come un usignolo. Nel 1975 si ritira nel suo appartamento parigino, nel 1978 appare per lultima volta al cinema in \"Gigolò\" di David Hemmings. Ma qualcosa, nella sua psiche, si è rotto per sempre, e quella gioia di vivere, quella carica drammatica e vitale che portava nei suoi personaggi si è spenta per sempre. Marlene Dietrich è morta, nel sonno, il 6 maggio 1992 ed è ora sepolta a Berlino, la città da cui langelo si era librato in volo.      
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