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La Mandrakata

"La Mandrakata" ha qualcosa di unico, proprio nel suo essere il 'sequel' di un 'cult'. Non pretende di superare il padre e non tenta neppure di essere il suo vero e proprio seguito. Piuttosto, s'inchina al padre, lo cita, lo ricorda, lo riecheggia...

Febbre da Cavallo - La Mandrakata

12.04.2007 - Autore: Matteo Nucci
Racconta Gigi Proietti che spesso, per strada, si è sentito chiamare: A Mandrake!. Enrico Montesano aggiunge che sono state innumerevoli le volte in cui si è dovuto voltare sentendo qualche sconosciuto che gli gridava: A Pomà, damme n cavallo bbòno!. E chi lavrebbe immaginato? Quando uscì era il 1976 Febbre da Cavallo fu apprezzato, ma non molto di più. E pare che Steno ne fosse rimasto un po deluso. Effettivamente si erano divertiti tutti sul set, e il lavoro sembrava riuscito Il successo, quello vero, sarebbe arrivato, lentamente, in un crescendo del tutto inatteso, circa quindici anni dopo. Chi non conosce oggi Manzotin? O il sorriso di Mandrake? La fiatella assassina della sorella del Pomata? Febbre da Cavallo è diventato un cult, con tanto di fan club, sito internet e aggettivo: il febbrista. Un caso unico, nato da solo, con i passaggi del film sulle televisioni private, la produzione di videocassette e il sempre valido passaparola. Proporne un seguito era una delle imprese più richieste e, al tempo stesso, pericolose. In molti lavevano desiderato, il sequel, ma quanti hanno temuto che potesse essere la classica disgrazia? Oggi che Febbre da Cavallo è tornato con La Mandrakata si può finalmente eliminare ogni timore. Il film è divertente, ha un buon ritmo, a tratti è incalzante. Ma, soprattutto, non fa mai venir voglia di dire che era così bello loriginale Certo, non diventerà un cult, non segnerà generazioni, ma che importa? Non sono caratteristiche che possano appartenere a tutti i film. La Mandrakata però ha qualcosa di unico, proprio nel suo essere il sequel di un cult. Non pretende di superare il padre (e i fratelli Vanzina lo sanno bene: bravissimi entrambi) e non tenta neppure di essere il suo vero e proprio seguito. Piuttosto, sinchina al padre, lo cita, lo ricorda, lo riecheggia Facendo questo, acquista unautonomia sorprendente, e diventa qualcosa di unico. Già quel che è cambiato fra i due film potrebbe dimostrarlo: la moglie di Mandrake non è più la stessa (ma è ancora una barista che lo ama e lo odia); er Pomata non cè più (riappare brevemente, in scene esilaranti) ed è sostituito, come il guardiamacchine Felice, dal Micione (Rodolfo Laganà) e dall ingegnere (Andrea Ascolese). Mentre la figura di Nancy Brilli (attrice fallita) ha ben altro peso rispetto allindossatrice cui Mandrake confidava cho certi c che manco te che sei n esperta Ma tutto cambia perché nulla cambi. Le storie sono le solite. La sindrome di Mandrake, la sòla a Manzotin (stavolta il figlio), le corse sul treno per sfuggire ai controllori, gli innumerevoli stratagemmi, le regolari sconfitte, le intuizioni geniali (e la strabiliante mandrakata, appunto), i travestimenti, le pernacchie, la leggerezza con cui affrontare una vita faticosissima. Perché questo resta la vita di chi non sa fare a meno di giocare ai cavalli. Come dice il grandissimo Proietti, tra il melanconico e lironico, questo più che un gioco è uno scopo nella vita un lavoro!