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Intervista a Steven Spielberg
Intervista a Steven Spielberg

14.04.2003 - Autore: Ludovica Rampoldi
Signor Spielberg, dopo essersi calato nella visione di Kubrick con 'Intelligenza Artificiale', quanto è rimasto influenzato dal grande regista scomparso?
SS: "Con A.I. ho realizzato la collaborazione più stimolante e insolita della mia vita: pur essendo un mio eroe, Stanley non c'era più. Con Minority Report non ho avuto l'ossessione di doverlo compiacere. Abbiamo messo una scena, quella dell'operazione agli occhi, che è una citazione e un omaggio a Arancia Meccanica. Se Stanley fosse vivo direbbe che gliela abbiamo rubata Comunque oltre a Kubrick, Minority Report risente delle influenze di John Huston e di Hitchcock. Tutti i miei miti ed eroi rivivono nei film che faccio, influenzandoli.
Con 'A.I'. e 'Minority Report' la sua visione del futuro è diventata cupa, pessimista. Anche lei con Kubrick pensa che "l'uomo è un animale estremamente cattivo"?
S.S: "Non credo che Stanley ci credesse sul serio... Io che l'ho conosciuto e frequentato per 18 anni vi posso assicurare che era, a suo modo, un ottimista. Lui non aveva paura dell'uomo, ma aveva un terrore estremo della tecnologia, come ha dimostrato in "2001 Odissea nello spazio". Allo stesso modo, io ho fiducia nella natura umana ma ho paura delle macchine. Temo che la tecnologia possa conoscerci più di quanto noi conosciamo lei, temo che possa penetrare nella nostra vita e indurci a comprare, volere, desiderare."
Oltre alla sua visione del futuro, sembra molto cambiata anche la sua percezione dell'infanzia. In 'A.I.' c'era un bambino abbandonato dalla madre, in 'Minority Report' c'è un figlio che scompare misteriosamente. Come vive l'infanzia tradita, perduta?
SS: "Sono padre di sette figli. Da una parte sono ottimista, ma dall'altra so che li devo proteggere. I miei film sono imperniati sulle mie paure, e la paura più grande è quella di perdere i miei figli."
Sembra che ci sia stata una svolta "cupa" nella sua carriera.
S.S: "Con l'età sono diventato più realista sulla natura del mondo. Non ho più voglia di raccontare storie d'evasione. Sono in una fase sperimentale, in cui sperimento soprattutto su me stesso. Un tempo facevo i film pensando al mio pubblico, ora sono più concentrato sulle mie impressioni. Beh, anche se con 'Indiana Jones IV' ci sarà un ritorno alle origini"
Come giudica la politica dello "Strike First" - colpire preventivamente, come sta per fare Bush con Saddam? E' qualcosa che ricorda molto il precrimine.
SS: "L'undici settembre ci ha dato un segnale molto forte e inquietante: nessuno è invulnerabile, nessuno è al sicuro. E lì non è stata colpita solo l'America: c'erano persone di 38 nazionalità all'interno delle Torri. In questi casi credo sia necessario prevenire per far sì che niente del genere possa più capitare. La politica di Bush è solida e basata sulla realtà: 'sradicare il terrorismo ovunque si trovi'. Le informazioni dell'Intelligence dicono che in pochi mesi Saddam potrebbe disporre di un'arma atomica: se tutto ciò fosse vero, Bush avrebbe ragione."
Come sarebbe cambiata la percezione del film se "Minority Report" fosse uscito prima dell'11/9?
S.S: "E' strano, ma ci sono delle sinistre coincidenze tra quello che è successo e il messaggio del nostro film. Non siamo dei precog ma, come loro, avevamo previsto alcune cose, come la completa e progressiva perdita di privacy. Dopo l'11 settembre la gente sa che per permettere all'Fbi e alla Cia di prevenire il terrorismo deve rinunciare a una parte della propria riservatezza. La questione è: quanta privacy deve essere sacrificata in nome della sicurezza? E' un tema molto forte che viene trattato nel film, ed è estremamente attuale. Il film ha ricevuto molti consensi anche perché dopo l'11 settembre le persone si sono trovate a interrogarsi su come sarà il futuro."
A giudicare dal film, non troppo rassicurante.