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Informazione nella bufera

Un brutto momento per l'informazione e l'approfondimento in tv.

Informazione e tv

24.05.2010 - Autore: Francesco Benincasa
Ore difficili e tumultuose per l’informazione e l’approfondimento giornalistico del piccolo schermo di casa nostra. Gli ultimi giorni sono stati infatti teatro di una escalation, che ha preso le mosse dai venti minuti di monologo con cui Michele Santoro ha aperto l’ultima puntata di “Annozero” - con le seguenti (immancabili) polemiche -; si è consolidata con la lettera di Maria Luisa Busi, in cui la conduttrice del telegiornale di RaiUno delle 20 ha annunciato la decisione di non prestare più il suo volto ad un Tg che è vittima, a suo parere, di una decisa “perdita di credibilità”; e che ha trovato il suo culmine nell’appello di Milena Gabanelli di domenica sera a “Report” sulle possibili conseguenze del disegno di legge sulle intercettazioni in corso di approvazione da parte del Parlamento, appello che si è concluso con un accorato: “Se non siete d'accordo con questo provvedimento, fatevi sentire nelle sedi competenti perché presto sarà legge”.

Insomma, facendo un po’ di ordine, dapprima Michele Santoro si sforza di far comprendere come sia impossibile continuare ad andare avanti in una situazione in cui il ruolo del  giornalista che tenta di fare approfondimento su certi argomenti si ritrovi come una specie di  generale Custer, malgrado la rete che trasmette il programma - in questo caso RaiDue - ottenga evidenti ritorni economici da un format che garantisce settimanalmente quasi dieci punti percentuali in più rispetto alla media del canale. Poi, un volto storico del Tg1 come quello di Maria Luisa Busi (per 18 anni alla conduzione) decide di farsi da parte, stanca di proporre notizie “leggere”, con tutte quelle “mutande antiscippo” che finiscono per coprire e mettere in secondo piano i problemi veri dell’Italia. Un affare che ha scatenato immediatamente l’ira del direttore Augusto Minzolini, che rispedisce al mittente le accuse e contrattacca, denuniciando in particolare la  “mimica facciale” della giornalista, che a parere del direttore così commentava e giudicava le notizie lette nel corso del telegiornale. Infine, Milena Gabanelli che si appella direttamente al pubblico, guardandolo negli occhi, per sottolineare come nel futuro dell’informazione del nostro paese sia forte il rischio di ritrovarsi in una realtà molto peggiore di quella attuale, dove nel nome della riservatezza potrebbero sparire dall’attualità grandi inchieste e scandali, per il divieto “di dare notizia di indagini prima delle udienze preliminari”. L’invito a reagire rappresenta insieme la richiesta di una presa di posizione da parte dei “destinatari dell’informazione” e il grido di dolore di chi vede mettersi da tempo i bastoni fra le ruote perché va ficcando il naso in affari che altrimenti non potrebbero scatenare la reazione dell’opinione pubblica, essendo sconosciuti ai più.

Ora, nel bel mezzo di questa bufera, in cui (nei limiti dell’aspetto strettamente giudiziario del disegno di legge) addirittura anche il governo americano si è sentito in dovere di metter bocca - "Quello che non vorremmo mai è che succeda qualcosa che impedisca ai magistrati italiani di continuare a fare l'ottimo lavoro svolto finora", ha spiegato il funzionario americano dell’ambasciata, pur affrettandosi poi a chiarire di non voler assolutamente interferire con la legislazione italiana - diventa più che legittimo chiedersi, e chiedere, a quale tipo di informazione aspirino i “consumatori televisivi”, se cioè siano soddisfatti della progressiva tabloidizzazione dei notiziari e si accontentino di un certo tipo di blando approfondimento, oppure se, proprio in virtù della situazione tutta particolare del nostro paese, e a causa delle sue molteplici criticità, essere informati in maniera più completa e documentata non contribuisca a favorire la libertà di scelta del cittadino. Sembra venuto il momento di esprimere anche il proprio parere personale, così come stanno già facendo i tanti che avvertono il pericolo imminente che ad una minore informazione corrisponda in maniera direttamente proporzionale un possibile aumento della corruzione. Non si tratta certo di scegliere solamente da che parte stare quanto piuttosto di comprendere che da partite come questa dipendono ricadute importanti sulla vita e sulla libertà di ognuno.
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