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In ostaggio

Un grande cast (Robert Redford e Willem Dafoe) per un film ben costruito ma che lascia un po' di perplessità nell'evoluzione della storia.

In ostaggio

12.04.2007 - Autore: William Chioccini
Regia: Pieter Jan Brugge con Robert Redford, Willem Dafoe   La vita agiata che Wayne Hayes (Robert Redford) e sua moglie Eileen (Helen Mirren) conducono viene sconvolta quando Wayne viene sequestrato da Arnold (Willem Dafoe), un suo ex dipendente deciso a vendicarsi del licenziamento subito. Comincia così un duro braccio di ferro tra il rapitore e la famiglia, aiutata nel negoziato dall’FBI.   “In ostaggio” è un film ben costruito e ben girato, ma sconta l’inesperienza del regista e dello sceneggiatore, entrambi al loro esordio nei rispettivi ruoli (in particolare Brugge, il regista, si è occupato finora di produzione, lavorando a film come “Heat - La sfida” e “Insider - Dietro la verità” entrambi di Michael Mann). La struttura è interessante e inusuale: il rapimento viene descritto attraverso un montaggio parallelo che mostra da una parte le vicende della famiglia nell’arco di tempo di alcune settimane, e dall’altra racconta ciò che accade immediatamente dopo il sequestro. I due livelli, pur essendo di diversa durata temporale, corrono su binari paralleli, e sono tenuti insieme dalle forti reazioni emotive che hanno i personaggi, costretti a vivere l’angoscia e la violenza del rapimento. Robert Redford dà vita ad un ricco imprenditore arrogante e presuntuoso obbligato a fare i conti con le conseguenze del suo atteggiamento spregiudicato negli affari; Willem Dafoe, il dipendente licenziato in tronco, è una sorta di “borghese piccolo piccolo”, un perdente amareggiato dalla vita che si trova per la prima volta con il coltello dalla parte del manico; Helen Mirren interpreta Eileen, la moglie di Redford, una donna che deve affrontare gli aspetti del suo matrimonio che aveva sempre tenuto a distanza.   Le premesse per fare un buon film c’erano tutte, ma la pellicola risulta un po’ didascalica, soprattutto nella regia e nella sceneggiatura. Gli autori si sono preoccupati troppo della correttezza formale, e sono assenti quei guizzi capaci di far impennare la storia e provocare sorpresa ed emozione nello spettatore.  
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