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In my Country

John Boorman racconta la fine dell'apartheid, gli orrori subiti dal Sud Africa per quasi cinquant'anni è l'impossibile storia d'amore tra un giornalista del Washington Post (Samuel L. Jackson) e una poetessa afrikaner (Juliette Binoche).

in my country

12.04.2007 - Autore: Giulia Villoresi
Regia: John Boorman Con: Juliette Binoche, Samuel L. Jackson, Brendan Gleeson, Menzi Ngubane, Nick Boraine   Il veterano John Boorman (Un tranquillo week-end di paura) porta sullo schermo il dramma dell\'apartheid, la fine di un incubo durato quasi cinquant\'anni e le testimonianze drammatiche di coloro che subirono le costanti torture della polizia sudafricana. Ma il regista, che pure ha dimostrato più volte le sue doti durante la lunga carriera cominciata negli anni \'60, non riesce a rendere nulla della tragicità degli eventi, e il risultato è un film freddo, stentato e anche un po\' noioso. Nemmeno la fotografia di Seamus Deasy riesce a raccontare qualcosa di interessante, pecca ancor più grave quando si tratta dell\'Africa, luogo in cui dovrebbe bastare una telecamera appoggiata su un cavalletto per ottenere un\' immagine quanto meno seducente. Ma l\'Africa di Boorman non è quella delle savane e dei fiumi, bensì quella delle città polverose e industrializzate del Sud, quella delle cascine e delle scuole fatiscenti, dove la Commissione per la Verità e la Riconciliazione dava luogo alle sue udienze nel 19995. Langstone Withfield (Samuel L. Jackson) è un giornalista del Washington Post, inviato in Sud Africa per seguire i processi della Commissione. Nel nome della pace e del perdono, Nelson Mandela concedeva l\'amnistia a tutti i criminali dell\'apartheid purché confessassero i loro delitti e denunciassero i nomi di coloro che li avevano ordinati. Vittime e carnefici si sarebbero incontrati faccia a faccia per ricordare e ammettere gli orribili misfatti. Anna Malàn è una poetessa afrikaner intenzionata a scoprire la verità, commossa dalle sorti del suo paese, che segue le udienze per una radio. I due si incontrano, sullo sfondo di così drammatiche contingenze, e si innamorano. Ma la loro storia multirazziale, propiziata dal momento storico e dal clima di amore e aggregazione, deve scontrarsi con la realtà, poiché entrambi hanno una famiglia da cui tornare. Juliette Binoche è insopportabile. Sempre sul punto di piangere, leziosa nel suo umanitarismo, inverosimile nella sua ingenuità. Le stesse poesie che legge durante il film non sono che leccate banalità. Samuel Jackson è soltanto l\'abbozzo sfocato di un yankee di colore che riscopre le sue origini, così come gli altri personaggi, buttati a tirar via, per nulla convincenti, per nulla commoventi, dal colonnello sadico De Jager (Brendan Gleeson) al vecchio africano che declama i suoi antenati sbattendo il bastone che ne racchiude lo spirito. La fierezza di una razza è resa attraverso espedienti retorici e scontati, né l\'amore né la morte sanno esprimere in questo film l\'intensità che meritano. Presentato in concorso alla cinquantaquattresima edizione del Festival di Cannes, l\'unica cosa che può vantare questo lavoro sono le musiche, cori africani di rara bellezza, che comunque sarebbero un passaggio quasi obbligato in un film sull\'apartheid.  
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