NOTIZIE

Il 'vizietto' di Neil Jordan

Dopo qualche anno di silenzio Neil Jordan ritorna in ottima forma e ci regala una delirante ed eccessiva, ma sincera e coinvolgente, apologia del potere dell'immaginazione. L'abbiamo intervistato in esclusiva a New York

Neil Jordan

12.04.2007 - Autore: Marcello Paolillo
E’ stato difficile scegliere Cillian Murphy per il ruolo di Kitten?
E’ fantastico, non trovi? E’ perfetto, anche come struttura facciale. Guarda le ossa del viso, gli zigomi, gli occhi… Oltretutto è un attore estremamente fisico. Gli ho fatto uno provino prima, anche se onestamente il travestitismo era l’aspetto che mi preoccupava di meno. La mia preoccupazione era trovare qualcuno che potesse interpretare un personaggio così naif senza cadere nella caricatura de Il Vizietto! 

Non è la prima volta che ti trovi di fronte a un problema simile. Ci sono anzi leggende relative a La moglie del soldato secondo le quali Stanley Kubrick stesso ti avrebbe messo in guardia dicendoti che sarebbe stato impossibile trovare l’attore giusto per il ruolo di Dil.
E’ vero, me l’ha detto. O meglio, mi ha detto che ci sarebbero probabilmente voluti diversi anni prima di trovare l’attore giusto per quella parte, e io dovevo iniziare a girare in 5 settimane! A Kubrick il progetto piaceva molto. Ma se ci pensi bene, La moglie del soldato poneva un problema molto più difficile rispetto a Breakfast on Pluto. In quel film, il personaggio si nasconde dietro l’apparenza femminile, pertanto deve risultare completamente credibile come donna, per ingannare gli spettatori. In Breakfast on Pluto, invece, Patrick è semplicemente un ragazzo estremamente effemminato che si costruisce il personaggio di Kitten per preservare la sua innocenza.

E’ il secondo romanzo che adatti da Patrick McCabe dopo Butcher Boy.
Esatto. Patrick ha scritto Breakfast on Pluto subito dopo la mia trasposizione cinematografica di The Butcher Boy, ma non voleva mostrarmi il manoscritto. Sono stato io, tempo dopo, a chiedergli: “E’ vero che hai scritto la storia di un travestito che scopre di essere figlio di un prete?”, ma lui mi ha liquidato dicendomi: “Non è una storia che possa interessarti.” E invece, quando alla fine ho letto il libro, l’ho trovato delizioso, speciale, nonostante fosse davvero insolito e per certi versi non finito, o meglio con un finale aperto. Così ho proposto a Patrick di finire la storia, e trovare una conclusione per un eventuale film. Il suo primo cambiamento è stato quello di reintrodurre la figura del padre che ora, dopo molti anni, decide finalmente di riconoscere e aiutare suo figlio. Mi è sembrata una modifica estremamente interessante, che dava profondità al personaggio. Quindi, al momento delle riprese, ho proposto a Patrick di interpretare un ruolo cameo, come aveva già fatto in The Butcher Boy. In Pluto interpreta l’insegnante, e si è ispirato completamente a mio padre, che faceva appunto l’insegnante e gli ha dato mille consigli. Quanto ad altri cambiamenti rispetto al romanzo, abbiamo aggiunto vari elementi come il gruppo glam rock, il mago interpretato da Stephen Rea e il parco di divertimenti.

Tutti questi cambiamenti sembrano avere una direzione ben precisa, ossia quella di trasformare il film in una fiaba…  
Volevo andare fino in fondo nell’esprimere la bellezza e l’innocenza di questo personaggio. In passato ho girato diversi film piuttosto duri sulla situazione irlandese, ma questa volta volevo fare qualcosa di diverso. Amo il personaggio di Patrick, la sua estrema purezza e innocenza. Vorrei che potessimo essere tutti come lui.

Lo script è decisamente rischioso, poiché passa continuamente dalla tragedia alla tragedia, spesso in pochi secondi. E’ stato difficile trovare il tono giusto?
Mettiamola così. Era molto facile capire quando il tono era sbagliato. Ma soprattutto, mentre giravo questo film avevo uno scopo ben preciso. Volevo divertirmi come non mi era mai successo. Oltretutto, credo che questo tipo di commedia grottesca abbia una tradizione ben precisa in Irlanda. La ritrovi anche in letteratura e a teatro.
 
Da dove nasce la scelta di ambientare la storia negli Settanta?
Era una scelta obbligata. Una storia del genere poteva accadere solo agli inizi degli anni Settanta, soprattutto per via del carattere androgino del protagonista. Solo pochi anni dopo sarebbero arrivati i Village People e Freddy Mercury, e con loro l’intera sottocultura gay che in un certo senso avrebbe rappresentato un rifugio per questo ragazzo. Ma durante la giovinezza di Patrick, intorno a lui non c’è niente di tutto questo! Così deve costruirsi una sua identità da solo!

La colonna sonora è un elemento cruciale del film.
E’ fondamentale, per un motivo ben preciso. Il protagonista vuole vivere nei testi delle canzoni d’amore, in un mondo che è al tempo stesso dolce, bello e tragico. Fin dall’inizio, dunque, mi è parso evidente che le canzoni dovessero essere parte integrante della narrazione. Così abbiamo passato in rassegna l’intero repertorio musicale degli anni Settanta. Per qualche strano motivo, David Bowie non funzionava. Strano, vero? Pensa che ero convinto che la sua canzone London Boy sarebbe stata assolutamente perfetta, visto che parla di un ragazzino che arriva a Londra e ne resta affascinato. Ma stranamente non si accompagnava bene alle immagini, era troppo lirica ed enfatica. Invece, altri artisti glam erano perfetti, come ad esempio i T-Rex [Children of the Revolution]. Anche i Buffalo Springfield funzionavano a meraviglia. Ho scritto una sequenza del film apposta per For What it’s Worth.  

Senza contare che hai usato cantanti in ruoli cameo…
Conoscevo bene Gavin Friday, ma non sapevo che sapesse recitare così bene, quindi gli ho fatto un provino prima e l’ho trovato straordinario. Con Brian Ferry invece ho deciso di correre un rischio. Gli ho chiesto se gli andava di interpretare un killer di prostitute. Era preoccupato perché non aveva mai recitato prima, ma è stato impeccabile. 

C’è un motivo preciso per cui preferisci adattamenti da romanzi rispetto a sceneggiature originali?  
Credo che sia un caso. O meglio, i libri stimolano molto la mia immaginazione, ma per un po’ vorrei smettere con gli adattamenti. L’altro giorno sono andato a vedere Orgoglio e Pregiudizio al cinema e ho pensato: “Ok, la storia è molto bella, ma perché non possiamo più inventarci storie di questo tipo? Dobbiamo per forza ricorrere a Jane Austen?”

Non temi mai il confronto tra libro e film?  
Solo una volta, nel caso di Intervista col vampiro. Tutti avevano letto quel libro negli Stati Uniti, e io stesso avevo amato il romanzo, quindi decisi di restare il più fedele possibile. Sbagliando, perché in questo modo la parte centrale del film ne soffre. Funziona nel libro, mentre sullo schermo la trama si disperde troppo. Mi sono convinto sempre più che quando fai un adattamento devi essere fedele al fatto che stai girando un film!

Dato che sei anche scrittore, hai mai pensato ad adattare uno dei tuoi romanzi?
No, non credo proprio. L’ho fatto una sola volta, all’inizio della mia carriera. Era un film chiamato The Miracle, tratto da una raccolta di racconti brevi che avevo scritto quando avevo 24 anni. In tutto ho pubblicato 5 romanzi, ma non ne farei mai un film. Vedi, quando hai finito di scrivere un romanzo, non ne puoi più di quella storia, devi staccare. In passato rifiutavo anche l’ipotesi di dare ad altri i diritti di adattamento dei miei romanzi, anche se ora probabilmente accetterei se qualcuno me lo chiedesse. Ma non me lo ha ancora chiesto nessuno. Il mio ultimo romanzo è una storia di fantasmi che ho pubblicato l’anno scorso. Si intitola Shade.

Progetti futuri?
Difficile dirlo. Avevo scritto un family movie per Sony, intitolato Me and My Monster. Ma pare sia troppo costoso ed ora come ora è bloccato. Poi mi è stato chiesto di fare un film sulla vita di John Lennon, il che sarebbe sicuramente interessante, ma probabilmente impossibile. Ci sono anche altri progetti in ballo, ma di cui non posso parlare… [E’ stato appena annunciato, in realtà, il film Borgia, con Colin Farrell e Scarlett Johansson, un progetto che Jordan cercava di realizzare da diversi anni, una specie di Padrino ambientato durante il Rinascimento italiano].

Per concludere. Breakfast on Pluto è il tuo secondo film, dopo La moglie del soldato, in cui mischi travestitismo e terrorismo. Perché?   
 Strano, vero? Me lo chiedo anch’io. Forse è la mia parte femminile che cerca una via di sfogo. Non so… Mi verrebbe da dire che sia casuale, ma a pensarci bene credo che ci sia un motivo ben preciso. Sono sempre stato affascinato da storie relative a conflitti di identità. In entrambi i film, a ben vedere, siamo di fronte a due persone che assumendo una identità fittizia finiscono per rivelare chi sono realmente.