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Il ritorno dei Coen

Dopo "Prima ti sposo...poi ti rovino" i 'fratelli terribili' del cinema americano sono tornati ad un progetto più personale, il remake di un classico della commedia britannica degli anni '50.

The ladykiller

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Ladykillers di Joel ed Ethan Coen; con Tom Hanks, Irma P. Hall, J.K.Simmons, Marlon Wayans.     Dopo la parentesi più commerciale e "su commissione" di "Prima ti sposo...poi ti rovino" (Intolerable cruelty, 2003) i "fratelli terribili" del cinema americano sono tornati ad un progetto più personale, il remake di un classico della commedia britannica degli anni '50, quel "La signora omicidi" (The Ladylikkers, 1955) di Alexander McKendrick che aveva lanciato attori di calibro come sir Alec Guinness ed un giovanissimo Peter Sellers. Aggiornato e trasferitane l'ambientazione nel profondo sud dello stato del Mississippi, questo nuovo "Ladykillers" segna il ritorno definitivo dei Coen alla totale libertà espressiva ed estetica che aveva segnato i loro più grandi capolavori, a partire dai recenti "Fratello, dove sei?" (O brother, where are thou?, 2000) e "L'uomo che non c'era" (The man who wasn't there, 2001); interpretato dal solito Tom Hanks in stato di grazia e dalla sorpresa della grande caratterista Irma P. Hall, il film non può non affascinare lo spettatore per la sinuosa e totalmente controllata regia, che si poggia invece, come nelle migliori opere degli autori, su una sceneggiatura apparentemente scritta di getto, e che ad un più attento esame si mostra come script di precisione calligrafica, gioiello di humour nero e di citazioni letterarie e cinefile di gusto personalissimo. Insomma, i Coen hanno nuovamente saputo creare una pellicola capace di reggersi su equilibri instabili di straordinaria armonia, mescolando con briosa audacia tutti gli stilemi più alti del proprio cinema; ogni volta che questi due cineasti azzeccano un film, sembra sempre di aver visto un qualcosa di assolutamente stralunato ed insieme un prodotto confezionato ed ideato con una lucidità fuori dal comune. "Ladykillers" somiglia in molti punti in un'opera dai molteplici strati, che si sovrappongono creando un effetto di impressionante coerenza estetica. Molto del merito della riuscita del film va perciò condiviso con i più fidi collaboratori: la costumista Mary Zophres, lo scenografo Dennis Gassner, il musicista Carter Burwell e soprattutto il grande direttore della fotografia Roger Deakins, il cui sodalizio con i Coen ha forse prodotto la miglior visione cinematografica di questo nuovo millennio - pensate alle immagini di "Fratello, dove sei?" o "L'uomo che non c'era"-. "Ladykillers" è dunque opera totalmente libera e surreale, prodotto nuovamente geniale ed insieme godibilissimo, la cui preziosità difficilmente può essere compresa da chi vede il cinema come prodotto puramente commerciale; non è un caso se sul mercato americano il film non ha avuto il lancio nelle sale che meritava, ed ha incassato alla fine poco meno di 40 milioni di dollari, cifra che ne ha decretato il parziale insuccesso economico. Auguriamo al lungometraggio,e soprattutto ai Coen, che nel resto del mondo venga accolto come merita. Cioè come un gemma rara.  
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