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Il crossmediale secondo Barbareschi

Non si placano le polemiche in Rete dopo la prima puntata del nuovo "Barbareschi Sciock".

Barbareschi Sciock

27.01.2010 - Autore: Francesco Benincasa
E chi mai avrebbe potuto immaginare che la prima puntata del nuovo programma in onda il venerdì alle ore 21:10 su La7, Barbareschi Sciock, potesse scatenare una tale scia di polemiche e discussioni, non tanto relative alla qualità o alla novità del prodotto in sé, quanto piuttosto per “l’abuso di crossmedialità” che viene imputato allo stesso conduttore della trasmissione: il presentatore, attore e deputato Luca Barbareschi?

Si perché, se da un lato l’apertura di trasmissione di corsa sul tapis roulant, le varie interviste (vasca alla Letterman compresa), lo svelamento del “segreto” del video virale diffuso in Rete, che riprendeva una scena di violenza subita dallo stesso presentatore (che fosse una bufala per attirare l’attenzione era stato già ipotizzato) e i video, presi da Internet e lanciati in diretta, non hanno certo fatto sobbalzare il telespettatore sul divano per l’aura di novità, d’altro lato i continui riferimenti alla crossmedialità del programma hanno contribuito ad alimentare una discussione che si sta ancora protraendo, e che si allarga inevitabilmente all’intera rete internet e alle sue pratiche.

Andando con ordine, e ricostruendo l’accaduto, l’accusa più grave che viene dalla Rete è quella di aver utilizzato nel programma una serie di battute già pubblicate sul “blog serissimo” (e spesso geniale) di Spinoza.it. Una cosa che ha mandato gli autori delle battute, e la community di Spinoza, su tutte le furie, anche perché nessuna fonte veniva citata nel corso della trasmissione.

Queste, a posteriori, le parole di Barbareschi sulla faccenda: “siamo riusciti nel nostro intento, quello di portare alla riflessione quanti si occupano di comunicazione, ad ogni livello e con ogni mezzo. La polemica sorta in queste ore, sollevata da alcuni utenti di un blog, che hanno lamentato il fatto di essere stati 'copiati' dai miei autori, non fa altro che riaffermare che c'e' un po' di confusione: i paladini della libertà di comunicazione, il cosiddetto 'popolo della Rete', sono caduti nella rete di chi voleva dimostrare che il copyright esiste e va tutelato”.

Nessuno, tra coloro che hanno una minima conoscenza di come si muovano le cose in Rete, potrà sognarsi di smentire che il problema dello “scaricamento selvaggio” di contenuti, con la conseguente violazione del copyright degli autori di film, brani musicali e quant’altro, sia una delle questioni centrali, sulla quale si dibatte da tempo con più o meno apertura e con proposte più o meno drastiche. Parimenti nessuno potrà considerare chiusa qui la faccenda, come fa il presentatore di La7, definendola solo come una “provocazione”.

Si finisce infatti per bollare complessivamente il fantomatico “popolo della Rete” come un’accolita di malfattori pronti alla violazione del diritto d’autore in nome di una “libertà di comunicazione” che invece sembra proprio essere qualcosa d’altro.

Non si considera per nulla l’apporto culturale dato dagli utenti che in Rete condividono in maniera del tutto gratuita le loro autoproduzioni, le forme d’arte che proprio grazie a Internet hanno trovato la loro consacrazione, il lavoro che si nasconde dietro ad ogni software libero rilasciato, e si mettono, infine, sullo stesso piano, un programma televisivo e un blog che hanno forza comunicativa e disponibilità di mezzi completamente differenti. Insomma, si finisce per creare una confusione pazzesca.

Confusione che viene prontamente sollevata dallo stesso “popolo della Rete”, ogni qual volta si propongono soluzioni per regolamentare Internet che non prendono in seria considerazione quello che è stato e i suoi cambiamenti, dalla nascita fino ad oggi.

E se già appare debole la difesa incentrata sui quattro autori in comune tra il programma di Barbareschi e il blog Spinoza - visto che le battute in questione hanno comunque, a quanto pare, degli autori diversi dai quattro del team di La7 – è l’uso stesso del termine crossmedialità, se inteso come possibilità per la TV di prendere a destra e a manca senza chiedere alcun permesso da qualsiasi piattaforma di comunicazione, a stonare. Questa, in verità, si potrebbe chiamare telecrazia.

Ci saremmo aspettati un programma realmente crossmediale, aperto ai commenti dal Web e all’interattività, ai suggerimenti da parte del pubblico a casa sulle domande da porre agli ospiti, qualcosa che si muovesse nell’ottica di un avvicinamento tra media diversi e non tanto una “provocazione” utile a dissotterrare l’ascia di guerra e mettere la televisione contro il Web.

Lo “sciock”, insomma, è sopravvenuto soltanto a posteriori, e non tanto nelle ore di diretta del programma.
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