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Il costo della vita

Un film dal sapore spiccatamente francese in cui si fondono il gusto della carnalità e la divertita partecipazione alla singolare sostanza delle relazioni umane.

Il costo della vita

12.04.2007 - Autore: Michela Saputi
Francia, 2003; di Philippe Le Guay, con Vincent Lindon, Fabrice Luchini, Geraldine Pailhas.     Un’ operaia sta facendo la spesa con i suoi bambini, e quando alla cassa la sua carta di credito viene rifiutata, scoppia a ridere. Uno slancio di vitalità: è l’introduzione ad una commedia irriverente, che vuole raccontare il più temibile dei nostri segreti. Il rapporto con il denaro.   Tra le strade e le case di Lione, immersi nella luce della città del godimento e della bella vita, si incrociano le vite dei protagonisti, eroi tragicomici della borghesia contemporanea. Tra i due estremi dell’avaro compulsivo, che si nasconde e si difende da ogni coinvolgimento di spesa, e la schizofrenica generosità di un ristoratore godereccio, che esorcizza a suo modo ogni insuccesso, si materializzano diverse tendenze e sfumature del rapporto ambiguo con il denaro che caratterizza la nostra società. C’è l’industriale arrivato, che dopo un infarto decide di liberarsi di tutto e magari andare in un’isola con una procace infermiera, e poi la giovane ereditiera in crisi, che conduce una doppia vita come cameriera, e riesce finalmente a farsi amare per quella che è. Infine una donna misteriosa, una squillo di lusso, che può proporre un contratto all’esasperato taccagno per curare vicendevolmente le proprie lacune..   Il film incastra e scorre le loro vite, indaga nelle tensioni dei loro corpi, tra gli schemi astratti dei concetti, e quelli delle logiche del potere finanziario, in quadri brillanti e vivaci, che non concedono tempi morti, né pretese di critica storica o interpretazione analitica. Piuttosto un sapore spiccatamente francese, gusto della carnalità e divertita partecipazione alla singolare sostanza delle relazioni umane (sensi di colpa e insicurezze, pulsioni e sentimenti rimossi, e tutti quei complessi fino alla perdita del coraggio di essere se stessi), per veder poi cosa si nasconde dietro quello che è un vero e proprio tabù. E il senso è proprio tutto in questa frase, dettata dall’esperienza di un anziano industriale, “la gente fa carte false per vivere in schiavitù”.  
FILM E PERSONE