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Il cinema protesta

Piu' di 2000 persone a Roma hanno manifestato contro il drastico taglio di fondi effettuato dal governo nei confronti del fondo unico dello spettacolo. Presente tutto il cinema italiano a partire da Roberto Benigni

la tigre e la neve

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Lo scorso venerdì pomeriggio si è svolta in piazza Capranica, a Roma,  la manifestazione di protesta contro il drastico taglio di fondi effettuato dal governo nei confronti del F.U.S., il fondo unico dello spettacolo.

Tutti nomi più importanti – o quasi - del nostro panorama cinematografico si sono ritrovati dunque a schierarsi in un gruppo compatto, che non soltanto a parole ha manifestato la propria indignazione nei confronti di chi continua senza alcun criterio logico ad effettuare una politica di indebolimento di verso un settore come quello dell’arte e dello spettacolo, che necessita al contrario di precise ed adeguate misure di sostenimento. Attori, tecnici e registi, ma anche produttori, distributori ed esercenti: ogni ramo del nostro settore cinematografico ha dunque partecipato al corteo di protesta, che da Piazza Caprinica si è mosso poi alla volta di Piazza di Montecitorio e di Palazzo Chigi. Un fronte finalmente unito e deciso a far valere le proprie ragioni.

Una manifestazione che ha avuto dunque pieno e meritato successo? Sotto il punto di vista organizzativo e dell’adesione dei diretti interessati, certamente si. Sotto quello dei contenuti che questa manifestazione ha proposto invece un po’ meno. A prescindere da una certa dose di malcelato autocompiacimento – c’è stato addirittura chi ha parlato di cinema italiano come del migliore in Europa! -, la direzione che il dibattito ha preso è stata decisamente univoca. Chiunque ha avuto la possibilità di esprimere il proprio parere ha infatti espresso il necessario  – e giustissimo, aggiungiamo noi – rammarico per il taglio di fondi operato dal governo, ma nessuno ha invece affrontato l’argomento riguardante la necessità di un utilizzo più oculato e produttivo di questi tanto reclamati fondi.

Da anni infatti il Ministero per i Beni e le Attività Culturali concede finanziamenti ed agevolazioni ad opere che non hanno la minima possibilità di restituire quanto loro concesso; nella maggior parte dei casi si tratta di tutta una schiera di case di produzione o di cineasti che sfruttano la politica eccessivamente assistenzialista del ministero semplicemente per accaparrarsi tale “bottino”. Ogni estate poi ci ritroviamo con tutta una serie di pellicole dalla qualità infima (basta vedere quella  appena trascorsa…), che magari escono in un solo cinema per due giorni tanto per giustificare la loro esistenza. Perché invece non aiutare e promuovere delle opere in grado di sollecitare l’interesse ed il favore del pubblico, capaci quindi di ottenere anche dei risultati validi al botteghino? Al posto dei soliti favoritismi ai soliti volti noti del cinema italiano, un’attenta valutazione delle sceneggiature ed un controllo più adeguato sullo sfruttamento dei fondi elargiti garantirebbe alla nostra (presunta) industria cinematografica un ritorno prima economico e poi d’immagine senza dubbio superiore a quello attuale. Questo triste aspetto della politica di sfruttamento arbitrariamente perpetrata in combutta tra ministero e “cinematografari”, ahinoi, oggi non è stato affrontato. Non viene lecito domandarsi il pechè?

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