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I colori dell'anima

Il racconto molto romanzato degli ultimi anni di vita di Modigliani. Il film ricrea l'atmosfera bohémienne della Belle Epoque con i caffè e i vicoli lastricati di Montmartre, le gallerie e gli atelier

I COLORI DELL'ANIMA

12.04.2007 - Autore: William Chioccini
Regia: Mick Davis
con Andy Garcia, Elsa Zylberstein

Parigi, 1920. Jeanne Hébuterne (Elsa Zylberstein) racconta in un lungo flashback la sua storia d’amore con Amedeo Modigliani (Andy Garcia), dal loro incontro casuale all’accademia d’arte fino alla tragica fine del pittore. Una storia passionale e tormentata, ostacolata dal padre di lei per motivi economici e religiosi (Modigliani era povero ed ebreo), e resa difficile dal carattere complesso e imprevedibile del grande artista.

I colori dell’anima” è soprattutto una storia d’amore. L’aspetto artistico, la pittura di Modigliani, è in secondo piano; è un elemento al servizio della trama principale. Il personaggio di Modigliani è costruito secondo la leggenda che lo vuole eccessivo, segnato da povertà, alcolismo, malattia, consumo di droghe e turbolente relazioni sentimentali. In questo senso, Andy Garcia è perfetto nel ruolo del seduttore ‘bello e dannato’, audace e tenero insieme. Oltre a Modì (il soprannome di Modigliani, ancora oggi sinonimo di ‘maledetto’), vengono presentati gli altri artisti che facevano di Parigi l’indiscussa capitale mondiale dell’arte: Picasso, Rivera, Soutine, Utrillo, Cocteau, Jacob. A Picasso, in particolare, tocca il ruolo del ‘cattivo’: la sua rivalità con Modigliani è aspra, sfocia in dispetti e umiliazioni di ogni tipo, e sfiora perfino l’uso delle armi da fuoco. Gli episodi della vita di Modigliani, la permanenza a Parigi, il viaggio in Costa Azzurra, la visita a Renoir, vengono riletti e inseriti, con i necessari adattamenti, nella vicenda principale, la storia d’amore tra il pittore e Jeanne. “La cosa più importante”, sostiene il regista e sceneggiatore Mick Davis, “era evitare la noiosa rappresentazione dell’arte e di artisti disgraziati e scapestrati in un film in cui il pubblico non si riconosce”. Ecco dunque che Modigliani diventa un dandy dallo sguardo trasognato e dalle movenze eleganti, amante della bella vita e della bottiglia; un dandy ad uso e consumo del pubblico e, in fondo, innocuo.

I colori dell’anima” è la narrazione molto romanzata degli ultimi anni di vita di Modigliani; ricrea l’atmosfera bohémienne della Belle Epoque con i caffè e i vicoli lastricati di Montmartre, le gallerie e gli atelier. Il film è, a seconda dei casi, divertente e commovente, ironico e tragico; la regia è agile e veloce, le immagini scorrono via accompagnate da una vivace colonna sonora. E’ un film d’intrattenimento che si limita a riproporre Modigliani secondo il cliché dell’artista maledetto, senza approfondire la sua arte e il rapporto tra la sua arte e la sua vita.