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Hostage

Tra scene d'azione dal ritmo impazzito ed un finale al cardiopalma non convince il nuovo thriller dell'esordiente Florent Siri

Hostage

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Id., Usa, 2005
Di Florent Emilio Siri; con Bruce Willis, Kevin Pollak, Ben Foster, Jonathan Tucker, Michelle Horn, Marshall Allman.

Il detective Jeff Talley (Bruce Willis) ha lavorato per sette anni come negoziatore di ostaggi per la S.W.A.T., ma si è ritirato quando non è riuscito a salvare una madre ed il suo bambino dalla furia di un padre impazzito. Trasferitosi in una cittadina tranquilla deve però affrontare un nuovo caso di rapimento: tre ragazzi armati hanno infatti preso in ostaggio nella propria lussuosa casa la famiglia Smith. A Talley l’annoso compito di salvare la famiglia; la situazione si complica notevolmente quando il crimine organizzato, per cui Walter Smith (Kevin Pollak) lavora come contabile, vuole recuperare a tutti i costi dalla casa un cd contenente informazioni compromettenti. La famiglia di Talley viene presa a sua volta in ostaggio dai malviventi, che in questo modo vogliono obbligare il poliziotto a recuperare il cd. Preso tra due fuochi, l’uomo dovrà forse scegliere tra l’incolumità della famiglia Smith e quella dei suoi cari.

Come una buona parte di cinema contemporaneo, anche questo primo lavoro americano di Florent Siri soffre di quella che vorremmo denominare la “sindrome Muccino”, tanto per citare un autore italiano i cui film soffrono di questa strana nevrosi. Sei preoccupato dalle scene di raccordo presenti nel tuo lungometraggio? Hai paura di causare rallentamenti di ritmo o inquadrature che servono da collante tra le scene? Allora muovi la machina da presa più che puoi, non importa se troppo speso in maniera insensata, e riempi ogni vuoto di sonoro con musica ridondante e stordente. Probabilmente, verrai considerato un “virtuoso” della regia invece che un cineasta insicuro ed incapace a gestire la componente narrativa di una pellicola. Soprattutto a causa di questa strana sindrome “post-moderna” (a grandi autori come Clint Eastwood, Steven Spielberg, Michael Mann ecc. questo non succede, anche nei lavori più commerciali), ed in parte anche a causa di una sceneggiatura troppo retorica e scontata, “Hostage” spreca incredibilmente un’idea di base che si presentava decisamente stimolante. Florent Siri non riesce quasi mai a sfruttare la comunque sempre valida presenza fisica di Bruce Willis, troppo concentrato a dimostrare la propria sapienza registica. Tra scene d’azione dal ritmo impazzito ed un finale al cardiopalma che nel cercare un’estetica sfavillante/horror scade nel ridicolo, il film si trascina per quasi due ore avvolto in un vortice visivo/sonoro inutile, mai coinvolgente. Willis si muove spaesato per tutta la durata della pellicola, mal aiutato da una serie di attori di contorno di scarsa incisività. Difficile riuscire a trovare qualcosa di realmente positivo in questo action-movie stanco e ripetitivo, che poco o nulla aggiunge a quanto visto in precedenza. Ci auguriamo che il carismatico ed ironico protagonista della trilogia di “Die Hard” (id., 1988) trovi nuovamente dei copioni in grado di avvalorarne le capacità di caratterista. “Hostage” proprio non ci riesce…

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