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Gli Angeli non hanno sesso
La 7 ripropone "Angels in America", miniserie di culto sulla condizione degli omosessuali nell'era reaganiana. Firmata da Mike Nichols.

19.05.2009 - Autore: Ludovica Sanfelice
New York. È il 1985. Siamo nel periodo dell’oscurantismo reaganiano e l’Aids è percepita come una lettera scarlatta che si appunta sui peccatori. Drogati e omosessuali sono in cima alla classifica. La diffusione della malattia travisata dal concetto di colpa assume le sembianze di una piaga apocalittica che costringe alla clandestinità chi ne è colpito o toccato da vicino. In questa atmosfera di disfacimento in cui languono le risposte politiche e religiose è il momento per gli angeli di intervenire e scegliere un Profeta che permetta a Dio di tornare tra gli uomini.
La scelta ricade su Prior, colpito proprio dal virus, che però si oppone a questo disegno un po’ reazionario e mercanteggia il suo ruolo di vate per qualche anno di vita in più. Ma lui, in questo dramma poligonale, non è che uno dei vertici, la metà di una coppia omosessuale il cui rapporto viene irrimediabilmente compromesso dalla malattia che mette in fuga il partner. Vi è poi il disfacimento di una coppia etero: lei depressa e annichilita dagli psicofarmaci e lui avvocato mormone omosessuale di nascosto che lavora al Dipartimento di Giustizia grazie alla raccomandazione di Roy Cohn corrotto faccendiere maccartista (realmente esistito) di cui è amante. Ecco a grandi linee la contorta trama di Angels in America.
Prodotto dall’HBO, girato in pellicola, questo particolare esperimento ha richiesto quattordici mesi di riprese, un anno di montaggio e tre anni di lavoro. Costo complessivo di tale scommessa in alta definizione della durata di sei ore: 60 milioni di dollari. Si tratta di un riadattamento dell’opera teatrale omonima di Tony Kushner, premio Pulitzer 1993 per cui i critici sono impazziti sperticandosi perfino in paragoni con La Divina Commedia. Sicuramente il successo è si in parte dovuto al possente lavoro di scrittura e alla paziente dedizione al progetto da parte del regista Mike Nichols, ma anche all’apporto magistrale degli attori tra cui spiccano i nomi di Al Pacino, Meryl Streep ed Emma Thompson.
Nella struttura narrativa si intuiscono due movimenti: uno discendente che segna la dissoluzione del vecchio mondo e si identifica nei rapporti di coppia funestati dalla solitudine e nei compromessi del Potere, e un secondo movimento ascendente che ripone le speranze nella modernizzazione che trova impulso in relazioni differenti, anche di natura metafisica, che superano i pregiudizi identitari e comunitari. Per quanto si possano ritenere superate le considerazioni in tema di omosessualità, il riadattamento di questa piece scritta quasi quindici anni fa, che a sua volta rifletteva sul decennio precedente, rappresenta uno spettro attuale nelle logiche politiche promosse dall’amministrazione Bush. Forse questo è uno dei fattori che hanno scatenato l’entusiasmo di un pubblico che si è dimostrato sensibile al fascino di questa storia. La7 ne ripropone la visione, scandita in sei puntate, a partire da sabato 28 aprile alle ore 23:30.