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"Emporte-moi"

"Emporte-moi"

Cinema delle donne

09.03.2001 - Autore: Andrea Nobile
Léa Pool, oltre a essere una importante esponente del cinema canadese in lingua francese, è una regista molto affezionata al festival di Berlino, dove ha presentato la sua opera desordio, La femme de lhotel, nel 1984, e altri film in concorso e non, fino al recente esordio in lingua inglese con Lost and delirious. Anche questo Emporte-moi era in concorso nelledizione di due anni fa della Berlinale. Si tratta di un film sulladolescenza che presenta diversi spunti originali. Ambientato a Montréal nel 1963, il film racconta la storia di Hanna (Karine Vanasse), una tredicenne che sta diventando donna. Anzi, lo è appena diventata, come ci chiarisce la sequenza di apertura, con le sue prime mestruazioni. La sua vita familiare è abbastanza conflittuale: il padre (Pedrag Manojlovic) è un ebreo polacco che cerca ostinatamente di scrivere poesie, ma il risultato è solo che tocca alla madre (Pascale Bussieres) sfinirsi per mantenere la famiglia e allo stesso tempo aiutarlo a battere a macchina le sue poesie. Il rapporto con il padre, in particolare, è piuttosto difficile, mentre Hanna sembra legatissima alla madre, che però ha pericolose tendenze suicide. Con laltro componente della famiglia, il fratello maggiore Paul (Alexandre Merineau), il rapporto è tanto stretto da rasentare la morbosità: da quello che sembra un culmine, un bacio tra i due fratelli che passa quasi inosservato, si arriva ad uno strano rapporto a tre quando Hanna porta a casa Laura, che è qualcosa in più di unamica. In mezzo a tutte queste ambiguità, la difficoltà di trovare modelli di comportamento cui ispirarsi viene apparentemente risolta grazie al cinema: Hanna vede Questa è la mia vita di Godard e rimane conquistata dal personaggio di Nanà (interpretato da Anna Karina), dalla sua idea del vivere la vita e conquistarsi la libertà in modo responsabile, coscienti delle proprie scelte. Hanna attiva un processo di identificazione ed emulazione del personaggio di Nanà che, partendo da dati esteriori come il modo di ballare, di muoversi o di vestire, viene interiorizzato fino alle estreme conseguenze. Pur inserendosi nel filone dei film sulladolescenza, Emporte-moi colpisce per la grande maturità della regia di Lèa Pool, che sfrutta con intellingenza il gioco dei saperi, introduce interessanti metafore come quella dellacqua e dellassenza di suoni, sperimenta e, in definitiva, convince. Di grande effetto luso degli spezzoni di Godard, il parallelo è a volte irresistibile ed è comunque sempre al centro del film. Tra laltro è curioso notare, en passant, che anche nel film di Godard cera un gioco metacinematografico, in quel caso con La passione di Giovanna dArco di Dreyer. E i riferimenti alla nouvelle vague non finiscono qui, se è vero che la storia a tre con Paul e Laura, seppure solo accennata, non può non richiamare, per la scelta di alcune inquadrature, quel vero e proprio archetipo che è Jules e Jim. Da segnalare anche la straordinaria interpretazione, per sensibilità e resa emotiva, dellattrice protagonista, Karine Vanasse, appena quindicenne allepoca delle riprese. Non stupisce, quindi, che il film abbia fatto incetta di premi nei festival di tutto il mondo, tra cui Chicago, Toronto e il nostro Giffoni. Parzialmente autobiografico, almeno per quanto riguarda la situazione familiare, che si basa sullinfanzia in Svizzera di Lèa Pool, Emporte-moi si giova anche di una eccellente colonna sonora che basta quasi da sola a ricreare lambientazione storica, spaziando da Gainsbourg a classici americani del tempo.  
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