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Conversazioni: Jasmine Trinca

A soli venticinque anni Jasmine Trinca si é già guadagnata tre candidature ai David di Donatello, il plauso unanime della critica ed ha scritto le pagine più importanti del cinema italiano

Jasmine Trinca

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
A soli venticinque anni Jasmine Trinca si é già guadagnata tre candidature ai David di Donatello, il plauso unanime della critica ed ha soprattutto scritto le pagine più importanti del cinema italiano del nuovo millennio; partendo dal suo esordio ne “La Stanza del Figlio” di Moretti, passando per “La  Meglio Gioventù” di Giordana, fino ad arrivare a quest’ultima stagione cinematografica, che l’ha vista recitare nei due film più importanti: “Romanzo Criminale” di Michele Placido e soprattutto “Il Caimano”, dove è tornata ad essere diretta dal grande Nanni. Ecco cosa ci ha raccontato:

Partiamo proprio dal binomio Placido/Moretti,  due autori che in questi ultimi giorni sembrano essere diventati in qualche modo “rivali”: dovendo giudicare con occhio critico, ti è  piaciuto di più “Romanzo Criminale” o “Il Caimano”?
J.T. - Credo che tra loro siano due pellicole piuttosto differenti, quindi è difficile poterle in qualche modo mettere in relazione. Ovviamente ritrovare Moretti ne “Il Caimano” mi ha dato una grande soddisfazione, anche perchè il ruolo che mi ha affidato ha veramente un valore particolare e quindi forse un po’ propendo per questo film: se non fosse per Nanni, non credo che avrei mai intrapreso la carriera d’attrice. Per questa come per altre cose gli sono profondamente grata. Ci tengo però a sottolineare che per molti aspetti “Romanzo Criminale” rimane comunque un progetto molto importante, un tentativo di fare un cinema diverso dagli standard estetici degli altri film italiani. 

Molti dei film più importanti che hai girato, da “La Meglio Gioventù” a “Il Caimano”, passando anche per “Romanzo Criminale”, hanno raccontato a modo loro la  storia recente del nostro paese. E’ soltanto un caso?  
J.T. - Sicuramente non è una coincidenza. Io sono una grande appassionata di storia, e credo che il conoscere ed interpretare correttamente gli eventi passati, i fatti storici,  possa aiutarci per il presente ed il futuro, magari a commettere meno errori possibile. Non so se questa mia predilezione abbia condizionato esplicitamente o meno le mie scelte d’attrice, ma di certo è stata una componente che ha influito nella mia decisione a voler girare i film che hai citato. Anche negli studi universitari che ho intrapreso la storia è una componente fondamentale.

Ti sei trovata in difficoltà nel dover conciliare la tua carriera d’attrice e lo studio?  
J.T. – I miei studi procedono abbastanza a rilento ma la mancanza di concentrazione e di applicazione non sono imputabili solo al fatto di girare un film. Basta volersi impegnare e si possono fare senza problemi entrambe le cose. Ci sono persone che lavorano tutto il giorno e riescono comunque a portare avanti lo studio.

Immagino che per un attore uno dei momenti più complicati deve essere sostenere un provino: tu come ti prepari?  
J.T. - Io mi ritengo molto fortunata, perché in realtà non ho mai sostenuto un provino nel senso classico, quello con altre attrici in competizione con me per ottenere una determinata parte, per i film che poi ho girato. E’ sempre capitato che i vari registi per cui ho recitato mi hanno mandato il copione proponendomi direttamente il ruolo. Quello su cui invece ho lavorato molto sono state le prove con gli altri attori e col regista stesso prima di iniziare la lavorazione: trovo che sia un esercizio fondamentale per poter poi esprimere il meglio delle proprie capacità sul set. Trovare il feeling giusto con i colleghi, sapere cosa vuole precisamente da te il regista: le prove sono davvero importanti, e purtroppo non sempre si riescono a fare.

Hai recitato parti molto differenti tra loro: qual è il tuo approccio al singolo ruolo, al lavoro sul personaggio?  
J.T. – Ho un approccio molto “libero” sulle parti che fino ad ora ho interpretato: ci sono attori che sentono la necessità di costruire la back-story del proprio ruolo, e sviscerarlo in ogni sua componente. Non avendo studiato una tecnica di recitazione ben precisa, io mi affido molto al mio istinto: per me quello che conta è il momento, la verità che provo ad esprimere mentre giro.
 
Come hai scelto di diventare attrice?  
J.T. – Semplicemente non ho scelto: prima di incontrare Moretti non mi interessava fare l’attrice, ad essere sincera nemmeno ci pensavo.  Poi è capitato che nel liceo dove studiavo, a Roma, sono venuti a visionare gli studenti per la parte di Irene, la figlia di Moretti ne “La Stanza del Figlio”. Io mi sono presentata perchè ero affascinata da Nanni, dalla sua intelligenza, dalla sua integrità e dal suo modo di fare cinema, quindi alla fine mi sono buttata. Ancora oggi vivo questo mestiere con molta tranquillità, consapevole di avere ancora molto da vedere e da imparare: è importante farlo con l’esperienza ma sarebbe interessante affrontarlo in maniera teorica e tecnica, cosa che finora non ho fatto.

Sia in TV che al cinema hai sostenuto prevalentemente parti drammatiche, poi è arrivato “Manuale d’Amore” di Veronesi: come ti sei trovata a confrontarti con la commedia romantica?  
J.T. – Mi sono trovata bene e mi sono anche molto divertita. Mi sembrava giusto provare delle corde diverse da quelle che fino ad allora erano state sfruttate e devo dire che il film è stato da questo punto di vista molto utile. “Manuale d’Amore” è stata proprio una bella esperienza, tanto più che mi ha dato la possibilità di incontrare alcuni degli attori italiani più significativi tra cui Margherita Buy, che considero un’interprete bravissima oltre che una donna molto simpatica.  

Hai chiesto consiglio a Moretti prima di accettare questo ruolo?  
J.T. - No, volutamente. Non credo che mi avrebbe spinto troppo a farlo. Del resto Nanni mi ha sempre messo in guardia dal voler continuare a recitare, e forse tiene di più alla mia carriera universitaria…Andava fiero della mia Maturità e del fatto che non volessi fare l’attrice.

Quando parli di Nanni lo fai sempre con una certa ammirazione…  
J.T. -  - Lui è nei fatti la persona a cui devo tutto questo. Ai tempi de “La Stanza del Figlio” quello che mi veramente spinto ad andare avanti e volere quella parte è stata l’idea di conoscere ed in qualche modo confrontarmi con una personalità carismatica ed affascinante come quella di Nanni. Poter lavorare di nuovo con lui ne “Il Caimano” è stata un’esperienza inaspettata ed entusiasmante. Non pensavo infatti che mi volesse ancora, tanto che il primo provino che mi ha fatto l’avevo reputato pessimo. Ed invece… 

Chiudiamo con una curiosità  più “cinefila”: da qualche parte ricordo di aver letto che uno dei tuoi film preferiti è “Improvvisamente l’Estate Scorsa”…
J.T. – Certo, si tratta di un capolavoro assoluto, dove tre attori straordinari danno il meglio di sé: in particolare io ho una grande ammirazione per Montgomery Clift, che è forse il mo preferito. Mi piace moltissimo il cinema americano classico: chiunque scegli, dovunque ti guardi intorno, trovi grandi registi o attori in grado di realizzare opere di una linearità ed insieme di una profondità quasi sconcertanti.



di Adriano Ercolani