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Chicken Little

Dopo aver assistito al confronto tra Pixar e DreamWorks per il monopolio sul cinema d'animazione digitale, tocca alla Disney provare la via del computer per una storia d'animazione

Chicken Little - Amici per le Penne

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Id., Usa, 2005 Di Mark Dindal;
voce italiana di Gabriele Birilli; voci originali di Zach Braff, Johan Cusack, Steve Zahn.

Il giovane polletto Chicken Little vive con la costante preoccupazione di dover dimostrare a suo padre, un eroe del baseball, di essere alla sua altezza. Convinto di poter riuscire a combinare qualcosa di buono, si affanna in mille progetti che puntualmente finiscono in clamorosi insuccessi: la città ha smesso di fidarsi di lui quando è diventato lo zimbello di tutti affermando che il cielo stava precipitando sulla terra; da allora il ragazzo viene considerato da tutti come un incurabile inetto. Quando però Chicken Little entra di prepotenza nella squadra di baseball, l’occasione di riscatto si trasforma in una strepitosa vittoria: ottenuta nuovamente l’ammirazione del padre, il pulcino adesso si sente finalmente realizzato. Il problema però è che un a sera il cielo comincia di nuovo a  precipitare…

Dopo aver assistito al confronto tra Pixar e DreamWorks per il monopolio sul cinema d’animazione digitale,  negli ultimi anni stiamo registrando il tentativo delle grandi Major di inserirsi in questa “battaglia artistica”, combattuta a suon di capolavori come “Toy Story” (id., 1995) e “Gli incredibili” (The Incredibles, 2004) da un parte, e”Shrek” (id., 2002) e “Madagascar” (id., 2005) dall’altra. Con questo “Chicken Little” tocca alla Disney provare la via del computer, con un risultato che francamente testimonia l’arretratezza della storica casa di produzione rispetto ai due colossi più giovani ed intraprendenti. Lo scarto maggiore si nota subito riguardo alla strutturazione delle storie: rispetto alle fantasiose sceneggiature che i prodotti Pixar e DramWorks posseggono, il lungometraggio di Dindal si poggia su una storiellina esile esile, che sembra sempre svicolare da un momento all’altro verso la retoricità e la noia. Sia il giovane protagonista che quelli che dovrebbero essere in teoria gli spassosi personaggi di contorno non hanno un preciso spessore psicologico, e conseguentemente anche a livello narrativo non riescono ad incidere più di tanto. Per quanto riguarda il lavoro sull’animazione digitale, la resa sul grande schermo sembra essere anni luce distante dai notevoli risultati delle due neonate Major, anche riguardo i loro rispettivi tentativi su un tipo di animazione maggiormente stilizzata a livello visivo  - vedi ancora “Gli incredibili” e “Madagascar”.

Piuttosto scialbo nei contenuti e nello sviluppo drammatico della sceneggiatura, e per di più ancora arretrato sotto il punto di vista della ricerca estetica sull’animazione al computer, questo “Chicken Little” sembra confermare il momento di nuovo appannamento che sta vivendo la Disney, almeno a livello artistico. Il pubblico in America ha comunque premiato questo tentativo, che alla fine di novembre ha guadagnato al botteghino statunitense quasi 120 milioni di dollari. Speriamo che il successo commerciale spinga la Disney a tentare di migliorarsi…