La vera domanda è: chi ha ucciso Laura Palmer?
E chi ha più di vent’anni non può non avvertire un brivido lungo la schiena ogni volta che il nome di questa ragazza viene pronunciato. Chi non ricorda Laura (Sheryl Lee) e il suo volto livido, i suoi capelli biondi, le labbra esangui e il suo corpo giovanissimo riverso in un sacco di plastica e gettato sulla riva del fiume che correva lungo la cittadina montana di Twin Peaks? E questa immagine era solo l’inizio dell’incubo che ha rivoluzionato il concetto di serie tv su moltissimi fronti.
Sono passati vent’anni, dicevamo, e le celebrazioni sono cominciate. Niente nostalgia gratuita o frenesie vintage perché “Twin Peaks” un cult lo è diventato per merito. Se oggi la serialità è una delle voci più importanti dell’industria dell’intrattenimento molto si deve alla capacità di osare dei suoi autori, David Lynch e Mark Frost, che oltre a certificare la bontà della multi-trama che supera il confine della puntata per gettarsi nella successiva, hanno intrecciato le vie della serialità con quelle dell’autorialità. Proprio la presenza di David Lynch a capo del progetto ha infatti reso possibili cose altrimenti inimmaginabili.
C’è quindi un prima e un dopo “Twin Peaks” perché è con questo show che lo stile e la scrittura diventano occasione di riflessione oltre il cinema e fino alla televisione. Prima ad esempio c’erano i buoni e i cattivi con misere concessioni alla confusione come accadeva a “Dallas”. A Twin Peaks le cose vanno diversamente e le categorie subiscono continui rovesciamenti che fissano la perdita di ogni punto di riferimento a cominciare dall’aspetto apparentemente tranquillo di una piccola comunità di taglialegna e l’orribile assassinio della reginetta della scuola. Su questa disparità che, come una profezia sinistra, viene marcata nelle prime inquadrature con la contrapposizione tra il cadavere e il cartello “Welcome to Twin Peaks” con gli alberi dipinti, ruota la dualità che caratterizzerà storia e personaggi. Quella che sembra a tutti gli effetti una detective story si trasformerà infatti in un’ossessione con incursioni nel sovrannaturale, territorio questo che di sicuro la serialità doveva ancora conquistare; e il protagonista della vicenda, l’agente Cooper (Kyle MacLachlan), rappresenta uno dei primi esperimenti sulla possibilità di spingere sfacciatamente quello che si presume sia l’eroe verso l’ambiguità.
L’impatto delle immagini che mescolano realtà e sogno poi sono entrate di diritto nella memoria collettiva e le musiche di Angelo Badalamenti si sono trasformate nel contrappunto musicale che accompagna ogni ricostruzione di cronaca nera che i nostri programmi di approfondimento riescano a produrre.
Tutti questi progressi sono scivolati nel magma della narrazione seriale successiva ed è grazie a loro che esistono serie come “X Files”, “Desperate Housewives” e, forse più degli altri, “Lost”. Ed è ancora grazie a loro che il pubblico televisivo ha smesso di essere trattato come un pubblico di serie B.
Non sono queste validissime ragioni per vedere o rivedere “Twin Peaks”? Si, magari a cominciare dal Telefilm Festival che proietterà la prima puntata domenica 9 maggio alle 19:00 allo Spazio Cinema Apollo di Milano o su Steel (Mediaset Premium) dove l’intera serie andrà in onda dal 24 maggio alle 23:20, e poi ogni lunedì alle 22:40 con due episodi per volta.
NOTIZIE
Chi aveva ucciso Laura Palmer?
La serie creata da David Lynch e Mark Frost cha segnato la storia della narrazione seriale nello stile e nella scrittura compie vent'anni.
04.05.2010 - Autore: Ludovica Sanfelice