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C'era una volta la Domenica Sportiva
18 veline per leggere la classifica della Serie A, 2 ad accompagnare il "bisteccone" nei suoi bofonchiati interventi, un pubblico da corrida e immagini lampeggianti anche nelle rubriche più formali. Questi i numeri e le novità della DS 2003-2004.

12.04.2007 - Autore: Angelo Liverani
Dopo la razzia da parte della pay per view dei mercoledì di coppa fantozziani tutti “spaghetti, birra e rutto libero”, dopo lo sgretolarsi in una miriade di reti regionali e locali della programmazione della Coppa Uefa e della Coppa Italia, viene a mancare inspiegabilmente anche l’ultimo baluardo televisivo della comunità calcistica.
Proprio quello intorno al quale gli italiani amanti del calcio riuscivano ancora a provare un sentimento di autenticità, a costruire una serata di intimità e di passione, grande quanto l’attesa di vedere i “go” della propria squadra del cuore, grande quanto il piacere di ascoltare quelle futili quanto benefiche previsioni e retrospettive di vittoria o fallimento.
Perché gli italiani amanti del calcio sono stati deliberatamente privati del gusto di leggere la classifica della Serie A con la dovuta calma e soddisfazione o preoccupazione?
Perché devono stancamente scorrere i volti di diciotto veline, che possono avere le migliori doti del mondo tranne quella, fondamentale, di vestire le passioni della nostra squadra, passioni fatte di sudore, di allunghi, di colpi di testa, di lanci lunghi e perché no…di storia?
Perché quello che era un ambiente accogliente, familiare e riservato a pochi ospiti, ma accessibile a tutti gli italiani, è stato trasformato in un’arena da “Corrida”, dove un pubblico troppo disponibile applaude in ogni secondo e ad ogni intervento, neanche fosse quello degli attori delle promozioni pubblicitarie fatte in casa?
Perché la rubrica dei cento secondi è diventata una corsa contro il tempo, al termine della quale il volto un po’ sorpreso e un po’ imbarazzato del Direttore della Gazzetta dello Sport, Omar Calabrese, viene oscurato da un gigantesco count-down, lampeggiante e rumoroso, giusto nel mezzo di una frase o di una considerazione di breve o lungo termine sul cavallino rosso di Maranello o sul campionato di Serie B?
Perché per occupare il centro della scena è stato scelto un giornalista, anche lui “condito” di altre due mute veline, che ci ha consegnato degli indimenticabili momenti di storica cronaca sportiva, come le navigate dei fratelli Abbagnale o le voleè di McEnroe, ma non è mai stato un attento osservatore del palcoscenico calcistico?
Perché la Rai, o chi per Lei, ha deciso di stravolgere con così tanta sufficienza un programma di valore nazionale, ormai condiviso, riconosciuto e amato, nel palinsesto e nei ritmi di svolgimento da tutti i connazionali amanti dello sport?
Come hanno fatto gli ideatori di questo programma, anche loro sicuramente tutti “itagliani”, a non accorgersi del prodotto che scaturiva dal loro lavoro?
A giustificare un abbaglio tanto grande resta solo un’ultima domanda, un ultimo interrogativo: la domenica sportiva, costoro, l’hanno mai vista?