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Calopresti parla del film

La felicità è la libertà, in fondo queste parole fanno rima, si completano, stanno bene insieme.

La felicità non costa niente

29.01.2003 - Autore: Terry Marocco
Mimmo Calopresti, affascinante ancor più dal vivo che sullo schermo, è anche il protagonista del suo nuovo film, e un po\' se lo dedica perché «in questo momento, quando sembra scandaloso essere felici», dice alla conferenza stampa di presentazione de «La felicità non costa niente», in uscita venerdì nelle sale di tutta Italia, «ho voluto alzare la testa e parlare, ho voluto prendere la parola direttamente, senza mediazioni».   Per parlare delle sue paure, di come affrontare la vita in momenti di crisi, di come rompere certi schemi,. Lo aveva già fatto, ma in maniera più ermetica, nei suoi film precedenti: «La seconda volta», «La parola amore esiste», «Preferisco il rumore del mare». «I miei sono film, che parlano della vita, della possibilità e del desiderio di stare bene. Un desiderio di tutti. Si cammina, si va avanti, si trovano soluzioni. Bisogna vedere la realtà, ma anche lirrealtà». Irreale è il suo incontro con una Francesca Neri, poco vestita che una notte gli appare davanti. «Nel film tutto avviene o forse non avviene. Il protagonista cammina, soprattutto di notte, ci sono tre voci fuori campo, per raccontare una realtà vista da diverse angolazioni». Ma cosè la felicità per Mimmo Calopresti? (domanda un po marzulliana, ma che viene spontanea dopo un film così triste) «La felicità è la libertà, in fondo queste parole fanno rima, si completano, stanno bene insieme. E la libertà di scegliere, anche facendo scelte difficili». Come ad esempio mollare tutto e tutti, ritrovarsi a vagabondare senza meta. « E tipico di una certa generazione quaranta, cinquantanni. Ad un certo punto si sente il bisogno di un discorso interiore. Tutto irrita, i soldi non servono più. Si è disposti anche a rinunciare a tutto». Alla fine il protagonista vede il Paradiso. «Mi sono immaginato un prato verde, un luogo dove si ha molto tempo per noi stessi. Questa è una lezione che bisognerebbe apprendere dallAvvocato Agnelli. Lui in fondo ha cominciato a lavorare a quarantanni e prima ha avuto un sacco di tempo per sè».   Il film è esteticamente molto bello, con molti riferimenti allarte. «Si apre con il famoso quadro di Balla («Velocità astratta»), per far capire lidea di cambiamento, di rivoluzione interiore del protagonista. In movimento, come i futuristi. Nella casa di Sergio cè unopera di Giosetta Fioroni. Me lha prestata per metterla nella bellissima casa in Piazza Vittorio dove abita il protagonista. Il quadro che dipingo nel film, invece, è un Calopresti autentico». Infine Torino, sempre presente nei suoi film. Che sensazione dà in una fase tanto difficile che vede la città perdere lidentità della monocultura automobilistica? «Torino vive un momento di disordine, ma io amo il suo disordine e spero che proprio da lì venga fuori un suo ordine. E una città in trasformazione».  
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